CHI NEGA L'INFERNO ?
La neochiesa crede ancora in Dio? nel Dio predicato da Gesù Cristo? Nega l’inferno chi non crede più in Cristo. E ora non sarà male ricapitolare cosa dice la "Vera dottrina cattolica" a proposito della realtà dell’inferno
di Francesco Lamendola
Sì, lo sappiamo, l’argomento non va di moda: è obsoleto; e, per giunta, non è politicamente corretto, specie nella neochiesa odierna, gnostica, sincretista e semi-panteista. Moltissimi preti, per non parlare dei vescovi, praticamente non ne parlano più; i teologi, poi, hanno ben altre cose delle quali occuparsi. E così, l’inferno non è stato proprio abolito de iure, ma de facto, è come se lo fosse stato: in pratica, nessuno vuole ricordarne l’esistenza, nessuno vuole sporcarsi le mani a parlarne, nessuno desidera rendersi impopolare, o sgradito alle masse, o essere considerato un guastafeste. Nella neochiesa trionfante dei nostri giorni non devono esserci altro che amore, letizia, gaudio e misericordia. Che bello. Non c’è più posto per il male, o solo per un male secondario, rimediabile, dalle conseguenze non troppo gravi; ma niente diavoli e assolutamente niente castigo eterno. Questo è fuori discussione.
Solo che non si può dirlo, e per una ragione abbastanza seria: sarebbe eretico. Che l’inferno esista, è una verità di fede. Il sacro Magistero lo ha sempre insegnato; le Scritture ne sono piene, dal primo all’ultimo libro della Bibbia: dalla Genesi all’Apocalisse, se ne parla eccome, e senza mezzi termini. Soprattutto ne ha parlato Gesù, e molto spesso; così come ha parlato del diavolo. E non solo ha parlato del diavolo, ma lo ha anche affrontato, e parecchie volte: sia esorcizzando gli indemoniati, sia quando è stato sottoposto alla tentazione Egli stesso, nei due momenti cruciali della sua missione fra gli uomini: alla vigilia della vita pubblica, quando si era ritirato nel deserto per pregare e digiunare, e alla vigilia della Passione, quando si era ritirato nell’orto degli olivi, di notte, per pregare e chiedere al Padre il suo conforto, in vista della prova suprema che lo attendeva.