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mercoledì 11 ottobre 2017

La Madre di Dio può tutto

11 Ottobre Divina Maternità di Maria Santissima "Il Dogma cambiò le sorti della riflessione mariana di tutti i secoli successivi. "

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Il primo dogma mariano formulato nella Chiesa fu il dogma della “Madre di Dio”. Nel Concilio di Efeso (431 d.C.), per combattere l’eresia di Nestorio che individuava due persone in Cristo, i Padri dell’assise ecumenica risposero affermando solennemente l’unità e l’unicità della Persona divina di Cristo e di conseguenza la Maternità di Maria estesa a tutta la sua persona non umana ma divina: «Se qualcuno non confessa che l’Emmanuele è Dio nel vero senso della parola e che perciò la Santa Vergine è Madre di Dio perché ha generato secondo la carne il Verbo (logos) che è da Dio, sia anatema» (Concilio di Efeso, Anatem. 1 di San Cirillo d’Alessandria).

Il Dogma cambiò le sorti della riflessione mariana di tutti i secoli successivi. Da allora in poi Maria Santissima entrò di diritto nelle discussioni e predicazioni teologiche di primo pia­no riguardo all’Incarnazione e alla Redenzione. La teologia così detta “bizantina” perché di area greca, legata all’influenza della grande cattedra di Costantinopoli, sarà tutta altamente mariana portando alle estreme conseguenze il valore del primo dogma mariano della Divina Maternità (Theotokos).

Se Maria è vera Madre di Dio può tutto, come può tutto una vera Madre sul figlio che ha sempre amato e al quale ha donato tutta la sua esistenza. Ecco allora i canti, le prose, le bio­grafie, le omelie che sembrano addirittura esagerate ad un occhio profano. La Divina Maternità fa di Maria Santissima quasi una dea agli occhi estatici degli scrittori di questo periodo.

Proprio in questo tempo nascono le prime formule di consacrazione totale di se stessi alla Vergine ed anche intere città, come la stessa città di Costantinopoli, vengono consacrate alla Madre di Dio per implorare da Lei protezione e salvezza. Due grandi vittorie dell’esercito di Costantinopoli contro i saraceni furono attribuite all’intercessione della Madre di Dio (619 e 626 d.C.).

La Chiesa costantinopolitana di Blacherne per augusta tradizione era creduta conservare un abito della Santa Madre di Dio come preziosa reliquia.

Il cuore non solo dei patriarchi e dei teologi, ma anche del popolo semplice batteva all’unisono con quello della Madre di Dio. Forse per questo, almeno fino all’VIII-X secolo, Costantinopoli ebbe uno splendore indiscusso sia per il progresso culturale che per la forza politica e militare che la rendeva una potenza di prim’ordine in tutto il Mediterraneo, superiore ormai anche a Roma.

Con la separazione dall’unità cattolica cominciò però la sua decadenza fino quasi a scomparire nelle mani degli invasori ottomani con la presa e il saccheggio della città proprio nel mese di Maria Santissima il 29 maggio del 1453.

Un bellissimo testo di san Germano di Costantinopoli (†733), uno dei santi patriarchi della città dei tempi d’oro, ci fa capire l’amore, la tenerezza e la dedizione alla Madre di Dio che tutti dovremmo avere: «Concedimi di godere dei doni indescrivibili ed inconcepibili di tuo Figlio, Dio tuo e Dio nostro, nel regno celeste. Infatti tu hai il potere uguale al vole­re, perché sei Madre dell’Altissimo. Perciò, o purissima Signora, io ti prego che non sia deluso dalla mia attesa, ma la ottenga in sorte o sposa di Dio che hai generato l’atteso di tutti, il nostro Sign­ore Gesù Cristo, nostro Dio e sovrano di tutte le cose visibili ed invisibili...» (Omelia per l’Annunciazione).

Definire Maria “Madre di Dio” significa darle un valore eccelso ed una dignità incommensurabile. Nessun’altra creatura può essere definita allo stesso modo di Maria, Madre di Dio secondo la natura, cioè secondo la generazione umana. Nel suo grembo verginale Maria ha generato Dio, il Verbo fatto carne, la seconda Persona della Santissima Trinità.

La generazione di Maria Santissima nel tempo ripete quella di Dio nell’eternità: Ella genera il Verbo come il Padre: analoga finalità (la missione del Figlio), analoga intimità con il Verbo. Maria è una cosa sola con Lui, quasi come il Padre ed il Figlio lo sono tra loro. Maria Santissima è dunque al centro dell’azione trinitaria nel mondo. La sua Maternità è stata scelta da Dio come missione umana suprema per salvare il mondo, per fare venire nel mondo il Salvatore e per donare a tutti la salvezza e la gloria.

Riflettano le donne a quale altissima missione sono chiamate nel dono della maternità. Esse diventano cooperatrici di Dio, generatrici nella loro carne dell’opera di Dio nel mondo in modo analogo alla Vergine Maria.

L’altissima missione di Maria infatti si compie con la Maternità della Chiesa. La Chiesa, pure essa sposa di Cristo, con un cammino inverso a quello di Cristo e di Maria è chiamata a divinizzarsi, ad assumere in sé la divinità di Cristo con l’essere anch’essa figlia di Maria.

Maria Santissima è madre naturale di Dio. È pure Madre adottiva della Chiesa perché quest’ultima riceve da Lei i germi del divino e può, in senso spirituale, essere generata dal suo grembo: «Come nella generazione naturale e fisica c’è un padre ed una madre, così nella generazione soprannaturale e spirituale c’è un padre che è Dio e una madre che è Maria. Tutti i veri figli di Dio e predestinati hanno Dio per padre e Maria per madre; e chi non ha Maria per madre non ha Dio per padre» (San Luigi M. Grignion de Montfort, Trattato della Vera devozione, n. 30).

«L’uno e l’altra sono nati in essa» (cf. Sal 86,5): Cristo e la Chiesa sono uniti in Maria Santissima, vera Madre di tutti in cui alberga tutta la pienezza della divinità di Cristo (cf. Col 2,9).

La vera Chiesa non può non essere Figlia di Maria, perché anche Cristo lo è stato. Se non è Figlia di Maria non somiglia a Cristo, non ha parte con Lui.

Maria Madre di Dio è il vero trait d’union tra divinità e umanità. La Maternità la rende augusta patrona del Redentore; la fa però anche mite soccorritrice delle anime a Lei affidate.

Il giorno della Madre di Dio nella chiesa latina è anche dedicato alla pace perché Cristo è la nostra pace (cf. Ef 2,14). Gesù ci dice che ci la­scia la pace, ma non come la dà il mondo (cf. Gv 14,27). La pace del mondo è falsa perché nasce da accordi d’interesse. La pace di Cristo è l’unica vera perché nasce solo da Lui, dal suo Cuore trafitto e squarciato per noi e da Maria Mediatrice di grazia in un unico flusso di gratuito amore.

La Maternità Divina attribuisce fortemente il ruolo di solenne mediatrice di salvezza e di pace a Maria Santissima. Solo in Lei si poteva realizzare il prodigio unico della Divina Maternità che la lega per sempre a Dio, in maniera che Dio quasi si sente costretto ad obbedire alla propria Madre in vista della redenzione e della pace di ogni uomo. Chi di noi potrà esimersi dal chiamare in aiuto una così grande Madre che ha ai suoi piedi il Figlio divino, il Verbo del Padre?

Solo Lei può parlare profondamente al Cuore del Figlio. Per questo Dio l’ha scelta come sua madre e nostra avvocata.

Padre Luca M. Genovese
Liturgia della Festa – 11 ottobre: Maternità Divina di Maria

 Il titolo di Madre di Dio, fra tutti quelli che vengono attribuiti alla Madonna, è il più glorioso. Essere la Madre di Dio è per Maria la sua ragion d’essere, il motivo di tutti i suoi privilegi e delle sue grazie. Per noi il titolo racchiude tutto il mistero della Incarnazione e non ne vediamo altro che più di questo sia sorgente per Maria di lodi e per noi di gioia. Sant’Efrem pensava giustamente che credere e affermare che la Santissima Vergine Maria è Madre di Dio è dare una prova sicura della nostra fede.

La Chiesa quindi non celebra alcuna festa della Vergine Maria senza lodarla per questo privilegio. E così saluta la beata madre di Dio nell’Immacolato Concepimento, nella Natività, nell’Assunzione e noi nella recita frequentissima dell’Ave Maria facciamo altrettanto.

L’eresia nestoriana.

“Theotókos”, Madre di Dio, è il nome con cui nei secoli è stata designata Maria Santissima. Fare la storia del dogma della maternità divina sarebbe fare la storia di tutto il cristianesimo, perché il nome era entrato così profondamente nel cuore dei fedeli che quando, davanti al Vescovo di Costantinopoli, Nestorio, un prete che era suo portavoce, osò affermare che Maria era soltanto madre di un uomo, perché era impossibile che Dio nascesse da una donna, il popolo protestò scandalizzato.

Era allora vescovo di Alessandria san Cirillo, l’uomo suscitato da Dio per difendere l’onore della Madre del suo Figlio. Egli tosto manifestava il suo stupore: “Mi meraviglia che vi siano persone, che pensano che la Santa Vergine non debba essere chiamata Madre di Dio. Se nostro Signore è Dio, Maria, che lo mise al mondo, non è la Madre di Dio? Ma questa è la fede che ci hanno trasmesso gli Apostoli, anche se non si sono serviti di questo termine, ed è la dottrina che abbiamo appresa dai Santi Padri”.

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Il Concilio di Efeso.

Nestorio non cambiò pensiero e l’imperatore convocò un concilio, che si aprì ad Efeso il 24 giugno 431 sotto la presidenza di san Cirillo, legato del papa Celestino. Erano presenti 200 vescovi i quali proclamarono che “la persona di Cristo è una e divina e che la Santissima Vergine deve essere riconosciuta e venerata da tutti quale vera Madre di Dio”. I cristiani di Efeso intonarono canti di trionfo, illuminarono la città e ricondussero alle loro dimore con fiaccole accese i vescovi “venuti – gridavano essi – per restituirci la Madre di Dio e ratificare con la loro santa autorità ciò che era scritto in tutti i cuori”.

Gli sforzi di Satana avevano raggiunto, come sempre, un risultato solo, cioè quello di preparare un magnifico trionfo alla Madonna e, se vogliamo credere alla tradizione, i Padri del Concilio, per perpetuare il ricordo dell’avvenimento, aggiunsero all’Ave Maria le parole: “Santa Maria, Madre di Dio, pregate per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte”. Milioni di persone recitano ogni giorno questa preghiera e riconoscono a Maria la gloria di Madre di Dio, che un eretico aveva preteso negare.

La festa dell’undici ottobre.

Il 1931 ricorreva il XV centenario del Concilio di Efeso e Pio XI pensò che sarebbe stata “cosa utile e gradita per i fedeli meditare e riflettere sopra un dogma così importante” come quello della maternità divina e, per lasciare una testimonianza perpetua della sua divozione alla Madonna, scrisse l’Enciclica Lux veritatis, restaurò la basilica di S. Maria Maggiore in Roma e istituì una festa liturgica, che “avrebbe contribuito a sviluppare nel clero e nei fedeli la divozione verso la grande Madre di Dio, presentando alle famiglie come modelli, Maria e la sacra Famiglia di Nazareth”, affinché siano sempre più rispettati la santità del matrimonio e l’educazione della gioventù.

Che cosa implichi per Maria la dignità di Madre di Dio lo abbiamo già notato nelle feste del primo gennaio e del 25 marzo, ma l’argomento è inesauribile e possiamo fermarci su di esso ancora un poco.

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Maria sterminio delle eresie.

“Godi, o Vergine, perché da sola hai sterminato nel mondo intero le eresie”. L’antifona della Liturgia insegna che il dogma della maternità divina è sostegno e difesa di tutto il cristianesimo. Confessare la maternità divina è confessare la natura divina e l’umanità del Verbo Incarnato in unità di persona ed è altresì affermare la distinzione delle persone in Dio nell’unità di natura ed è ancora riconoscere tutto l’ordine soprannaturale della grazia e della gloria.

Maria vera Madre di Dio.

Riconoscere che Maria è vera Madre di Dio è cosa facile. “Se il Figlio della Santa Vergine è Dio, scrive Pio XI nell’Enciclica Lux veritatis, colei che l’ha generato merita di essere chiamata Madre di Dio; se la persona di Gesù Cristo è una e divina, tutti, senza dubbio, devono chiamare Maria Madre di Dio e non solamente di Cristo uomo. Come le altre donne sono chiamate e sono realmente madri, perché hanno formato nel loro seno la nostra sostanza mortale, e non perché abbiano creata l’anima umana, così Maria ha acquistato la maternità divina per aver generato l’unica persona del Figlio suo”.

Conseguenze della maternità divina.

“Derivano di qui, come da sorgente misteriosa e viva, la speciale grazia di Maria e la sua suprema dignità davanti a Dio. La beata Vergine ha una dignità quasi infinita, che proviene dal bene infinito, che è Dio, dice san Tommaso. E Cornelio a Lapide spiega le parole di san Tommaso così: Maria è la Madre di Dio, supera in eccellenza tutti gli Angeli, i Serafini, i Cherubini. È la Madre di Dio ed è dunque la più pura e più santa di tutte le creature e, dopo quella di Dio, non è possibile pensare purezza più grande. È Madre di Dio, sicché, se i santi ottennero qualche privilegio (nell’ordine della grazia santificante) Maria ebbe il suo prima di tutti”.

Dignità di Maria.

Il privilegio della maternità divina pone Maria in una relazione troppo speciale ed intima con Dio, perché possano esserle paragonate dignità create di qualsiasi genere, la pone in un rapporto immediato

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con l’unione ipostatica e la introduce in relazioni intime e personali con le tre persone della Santissima Trinità.

Maria e Gesù.

La maternità divina unisce Maria con il Figlio con un legame più forte di quello delle altre madri con i loro figli. Queste non operano da sole la generazione e la Santa Vergine invece ha generato il Figlio, l’Uomo-Dio, con la sua stessa sostanza e Gesù è premio della sua verginità e appartiene a Maria per la generazione e per la nascita nel tempo, per l’allattamento col quale lo nutrì, per l’educazione che gli diede, per l’autorità materna esercitata su di lui.

Maria e il Padre.

La maternità divina unisce in modo ineffabile Maria al Padre. Maria infatti ha per Figlio il Figlio stesso di Dio, imita e riproduce nel tempo la generazione misteriosa con la quale il Padre generò il Figlio nell’eternità, restando così associata al Padre nella sua paternità. “Se il Padre ci manifestò un’affezione così sincera, dandoci suo Figlio come Maestro e Redentore, diceva Bossuet, l’amore che aveva per te, o Maria, gli fece concepire ben altri disegni a tuo riguardo e ha stabilito che Gesù fosse tuo come è suo e, per realizzare con te una società eterna, volle che tu fossi la Madre del suo unico Figlio e volle essere il Padre del tuo Figlio” (Discorso sopra la devozione alla Santa Vergine).

Maria e lo Spirito Santo.

La maternità divina unisce Maria allo Spirito Santo, perché per opera dello Spirito Santo ha concepito il Verbo nel suo seno. In questo senso Leone XIII chiama Maria Sposa dello Spirito Santo (Enc. Divinum munus, 9 maggio 1897) e Maria è dello Spirito Santo il santuario privilegiato, per le inaudite meraviglie che ha operate in lei.

“Se Dio è con tutti i Santi, afferma san Bernardo, è con Maria in modo tutto speciale, perché tra Dio e Maria l’accordo è così totale che Dio non solo si è unita la sua volontà, ma la sua carne e con la sua sostanza e quella della Vergine ha fatto un solo Cristo, e Cristo se non deriva come egli è, né tutto intero da Dio, né tutto

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intero da Maria, è tuttavia tutto intero Dio e tutto intero di Maria, perché non ci sono due figli, ma c’è un solo Figlio, che è Figlio di Dio e della Vergine. L’Angelo dice: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te. È con te non solo il Signore Figlio, che rivestisti della tua carne, ma il Signore Spirito Santo dal quale concepisti e il Signore Padre, che ha generato colui che tu concepisti. È con te il Padre che fa sì che suo Figlio sia tuo Figlio; è con te il Figlio, che, per realizzare l’adorabile mistero, apre il tuo seno miracolosamente e rispetta il sigillo della tua verginità; è con te lo Spirito Santo, che, con il Padre e con il Figlio santifica il tuo seno. Sì, il Signore è con te” (3a Omelia super Missus est).

MESSA

EPISTOLA (Eccli. 24, 23-31). – Come vite diedi frutti di soave odore, e i miei fiori danno frutti di gioia e di ricchezza. Io sono la madre del bell’amore e del timore, della scienza e della santa speranza. In me ogni grazia della via e della verità, in me ogni speranza di vita e di virtù. Venite a me, o voi tutti che mi bramate, e saziatevi dei miei frutti; perché il mio spirito è più dolce del miele, e il mio retaggio più del favo di miele. Il ricordo di me durerà nelle generazioni dei secoli. Chi mi mangia avrà ancora fame, e chi mi beve avrà ancora sete. Chi mi ascolta non sarà confuso, e chi lavora per me non peccherà; chi mi illustra avrà la vita eterna.

A buon diritto la Chiesa anche qui applica alla Madonna un testo che è stato scritto con riferimento al Messia. Non è Maria la vera vigna, che ci ha data l’uva generosa, che riceviamo tutti i giorni nell’Eucaristia? Vi è gloria paragonabile a quella di Maria, che, essendo vergine, è divenuta Madre di Dio, senza perdere la verginità? La Chiesa la canta con gioia Madre del bell’amore e ci invita ad accostarci a lei con confidenza, perché in Maria si incontra ogni speranza della vita e della virtù e chi l’ascolta non sarà mai confuso.

VANGELO (Lc. 2, 43-51). – In quel tempo: Al ritorno il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, ma i suoi genitori non se ne accorsero. Supponendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di cammino, poi si misero a cercarlo fra i parenti e i conoscenti. Ma non avendolo trovato, tornarono a Gerusalemme in cerca di lui. E avvenne che dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto fra i dottori ad ascoltarli ed interrogarli, mentre gli uditori stupivano della sua sapienza e delle sue risposte. E, vedendolo, ne furono meravigliati. E sua madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Vedi, tuo padre ed io, addolorati, andavamo in cerca di te. Egli rispose loro: E perché cercarmi? non sapevate che mi devo occupare di quanto riguarda mio Padre? Ma essi non compresero quanto aveva loro detto. Poi se ne andò con loro e tornò a Nazaret, e stava loro sottomesso.

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L’amore di Gesù per la Madre.

“Se fosse permesso spingere tanto innanzi l’analisi del suo sviluppo umano, si direbbe che in Gesù, come in altri, vi fu qualcosa dell’influenza della Madre sua. La grazia, la finezza squisita, la dolcezza indulgente appartengono solo a Lui, ma proprio per tali cose si distinguono coloro, che spesso hanno sentito il cuore come addolcito dalla tenerezza materna e lo spirito ingentilito, per la conversazione con la donna venerata e amata teneramente, che si compiaceva iniziarli alle sfumature più delicate della vita. Gesù fu davvero, come lo chiamavano i concittadini, il ‘figlio di Maria’.

Egli tanto ha ricevuto da Maria, perché l’amò infinitamente. Come Dio, la scelse e le donò prerogative uniche di verginità, di purezza immacolata, e nello stesso tempo la grazia della maternità divina; come uomo, l’amò tanto fedelmente che sulla croce, in mezzo alle spaventevoli sofferenze, l’ultimo pensiero fu per lei: Donna, ecco tuo figlio. Ecco tua Madre.

Ma il doppio amore gli fece scegliere per la madre una parte degnissima di lei. Il profeta aveva preannunziato lui come il servo di Jahvé e la Madre fu la Serva del Signore nell’oblio di sé, nella devozione e nel perfetto distacco: ‘vi è più gioia nel dare che nel ricevere’. Cristo, che aveva preso per sé questa gioia, la diede alla Madre e Maria comprese così bene questo dono che nei ricordi d’infanzia segnò con attenzione particolare i rapporti che a un lettore superficiale sembrano duri: ‘Perché mi cercavate? Non sapevate che debbo occuparmi delle cose che riguardano il Padre mio?’ E più tardi: ‘Chi è mia madre, chi sono i miei fratelli?… ‘ Gesù vuole insegnarci il distacco che da noi esige e darcene l’esempio” (Lebreton, La Vie e l’enseignement de J. C. N. S., p. 62).

Maria nostra Madre.

Salutandoti oggi col bel titolo di Madre di Dio, non dimentichiamo che “avendo dato la vita al Redentore del genere umano, sei per questo fatto stesso divenuta Madre nostra tenerissima e che Cristo ci ha voluti per fratelli. Scegliendoti per Madre del Figlio suo, Dio ti ha inculcato sentimenti del tutto materni, che respirano solo amore e perdono” (Pio XI Enc. Lux veritatis).

“O Vergine tutta santa, è per i tuoi figli cosa dolce dire di te

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tutto ciò che è glorioso, tutto ciò che è grande, ma ciò facendo dicono solo il vero e non riescono a dire tutto quello che tu meriti” (Basilio di Seleucia, Omelia 39, n. 6, PG 85, 452). “Tu sei infatti la meraviglia delle meraviglie e di quanto esiste o potrà esistere, Dio eccettuato, niente è più bello di te” (Isidoro di Tessalonica, Discorso per la Presentazione di Maria, PG 189, 69).

Dalla gloria del cielo ove sei, ricordati di noi, che ti preghiamo con tanta gioia e confidenza. “L’Onnipotente è con te e tu sei onnipotente con Lui, onnipotente per Lui, onnipotente dopo di Lui”, come dice san Bonaventura. Tu puoi presentarti a Dio non tanto per pregare quanto per comandare, tu sai che Dio esaudisce infallibilmente i tuoi desideri. Noi siamo, senza dubbio, peccatori, ma tu sei divenuta Madre di Dio per causa nostra e “non si è mai inteso dire che alcuno di quelli che sono ricorsi a te sia stato abbandonato. Animati da questa confidenza, o Vergine delle vergini, o nostra Madre, veniamo a te gemendo sotto il peso dei nostri falli e ci prostriamo ai tuoi piedi. Madre del Verbo incarnato, non disprezzare le nostre preghiere, degnati di esaudirle” (san Bernardo).


da: P. GUÉRANGER, L’anno liturgico. – II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. ROBERTI, P. GRAZIANI e P. SUFFIA, Alba, Edizioni Paoline, 1959, pp. 1170-1176.


Dio è Verità, Bontà e Bellezza
Il Cammino dei Tre Sentieri 

Ti spieghiamo perché tutta la grandezza della Madonna parte dal suo essere Madre di Dio

di Piefrancesco Nardini

«Se qualcuno non confessa che l’Emmanuele è Dio nel vero senso della parola e che perciò la Santa Vergine è

Madre di Dio perché ha generato secondo la carne il Verbo (logos) che è da Dio, sia anatema»

(Concilio di Efeso, Anatema 1 di San Cirillo d’Alessandria)

L’11 ottobre per il calendario del Rito tridentino si festeggia la Maternità divina di Maria.

Questa è una festa davvero molto importante.

La Maternità divina di Maria «è il fondamento di tutta la grandezza e di tutti i privilegi di Maria» (Dizionario di Teologia Dommatica, Piolanti-Parente-Garofalo, Ed. Studium, 1952).

Il titolo di Jeotókos (teotokos, in latino Dei Genetrix) era la perfetta espressione della fede dei credenti. Sin dai primi secoli, sin da subito, infatti, i cristiani hanno creduto fermamente che Maria fosse Madre di Dio e non solo Madre dell’Uomo Gesù, come sosteneva il Nestorianesimo, condannato nel 431 d.C. dal Concilio di Efeso, che dichiarò dogma la Maternità divina di Maria.

Dom Prosper Guéranger, nella sua bellissima opera “L’anno liturgico”, così commenta: «Fare la storia del dogma della Maternità Divina sarebbe fare la storia di tutto il Cristianesimo, perché il Nome era entrato così profondamente nel cuore dei fedeli che quando, davanti al Vescovo di Costantinopoli, Nestorio, un prete che era suo portavoce, osò affermare che Maria era soltanto Madre di un uomo, perché era impossibile che Dio nascesse da una donna, il popolo protestò scandalizzato».

A dimostrazione che questa fede in Maria Madre di Dio è un filo che lega, senza soluzione di continuità, tutte le generazioni fino ai tempi recenti c’è l’Enciclica Lux Veritatis (25.12.1931) di Pio XI, scritta in occasione del XVo centenario del Concilio di Efeso.

La Maternità divina di Maria si ritrova nella S. Scrittura.

Se ad es. San Matteo scrive di Cristo «sua madre Maria» (1, 18) e San Giovanni sempre così la chiama nel racconto della Crocifissione (19, 25), San Luca ci racconta che Sant’Elisabetta chiese alla Vergine, espressamente, «a che debbo che la madre del mio Signore venga a me?» (1, 43). Quindi nella S. Scrittura troviamo esattamente «mater Domini mei».

Anche non conoscendo i passi della S. Scrittura, però, c’è un ragionamento molto semplice e inconfutabile che dimostra teologicamente la Maternità divina di Maria: «Cristo è il Verbo Incarnato, cioè una Persona divina sussistente nella natura divina e nella natura umana assunta. Ora Maria ha partorito Cristo nella sua integrità personale, secondo la natura umana: pertanto essa è veramente madre del Verbo, cioè di Dio» (Dizionario cit.).

Abbiamo iniziato con la citazione che indica il dogma della Maternità divina di Maria come fondamento di tutte le altre grandezze e di tutti gli altri privilegi.

Ragioniamoci un attimo e vediamo perché è realmente così.

La Vergine non avrebbe potuto essere Immacolata Concezione senza essere Madre di Dio.

Questo privilegio mariano è infatti preparazione alla Maternità divina. Nostro Signore ha pensato da subito, da sempre a Lei come Colei che avrebbe accolto il Verbo Incarnato nel suo seno. Dio non poteva essere accolto in un corpo che, per quanto potesse rimanere puro e casto, avrebbe sempre comunque avuto una macchia, quella del peccato originale. Doveva esserci una donna mai toccata dal peccato, nemmeno da quello originale. Solo una donna così poteva diventare Madre di Dio.

L’Immacolata Concezione, dunque, seppur pensata e voluta da Dio in preparazione della Maternità divina è allo stesso tempo e prima ancora conseguenza di quella.

Anche la Verginità perpetua di Maria, però, a pensarci bene è conseguenza di quel dogma.

Quale altra donna, se non la Madre di Dio, avrebbe potuto avere un privilegio tale? Un miracolo così grande che dimostra come la natura sia ai comandi del Signore. Lui l’ha creata, Lui ha potere su di essa, che sia natura umana, animale o vegetale, Lui può decidere un’eccezione singolarissima come questa.

Ed un così singolare miracolo Dio poteva farlo solo per un altrettanto singolare Donna, predestinata a diventare Madre della Seconda Persona della Trinità, Madre di Dio.

Non ci sarebbe motivo alcuno per concedere ad un’altra Donna un privilegio così. Per quanti motivi importantissimi e per quanti meriti hanno avuto, hanno e potranno avere molte sante che si sono distinte, si distinguono e si distingueranno per amore a Dio, castità, verginità offerta al Signore, non c’è stata, non c’è e non ci sarà un’altra Donna che avrà questo privilegio. E questo perché sappiamo, per fede, che non ci sarà un’altra Incarnazione. Non c’è quindi più motivo per Dio di fare nuovamente questo miracolo.

Solo a Maria, proprio perché Madre di Dio, o meglio solo perché Madre di Dio, è stato concesso.

Lo stesso ragionamento è valido per ogni altro privilegio mariano.

Perché una donna dovrebbe essere assunta in Cielo come Maria? La Vergine ha avuto questo privilegio, in quanto Madre di Dio.

Forse è blasfemo pensare che, se non lo fosse stata, se fosse stata solo una santa donna, la più santa di tutte (se mai fosse possibile fare una classifica di questo tipo), si sarebbe visto concesso questo privilegio da Dio? È blasfemo pensare che se Dio avesse pensato ad un’altra donna come Madre di Dio, il privilegio dell’Assunzione in Cielo, così come tutti gli altri, sarebbe stato per questa donna e non per Maria?

La Maternità divina di Maria è la base di tutto.

È l’inizio della Redenzione, perché Lei con il suo fiat ha permesso (dato che Dio non costringe nessuno) l’Incarnazione. È l’inizio della mediazione per noi verso Gesù, perché Lei con la sua volontaria compartecipazione alla Passione e Morte del Figlio è diventata Corredentrice e Mediatrice di tutte le Grazie. È l’inizio del riscatto contro il peccato originale e contro il Nemico, perchè Lei gli schiaccerà la testa (Gen 3, 15).

La Maternità divina di Maria è anche l’inizio della nostra figliolanza spirituale. In quanto Madre di Dio la Madonna era addolorata, straziata sotto la Croce. E come Madre di Cristo Lui le disse «Donna ecco il tuo figlio» ed a San Giovanni disse «Ecco la tua madre» (Gv 19, 26-27).

La Maternità spirituale di Maria ha una «profonda ragione teologica»: «è Madre di tutti gli uomini perchè è Madre di Cristo, di cui tutti gli uomini sono membri mistici» (Dizionario cit.). Questo concetto fu espresso in modo chiaro da San Pio X nell’Enciclica Ad diem illum (2.2.1904).

Pensiamo con amore filiale a questa nostra Madre che dall’alto ci protegge sempre e intercede per le nostre miserie presso il Figlio.

Non dimentichiamo mai questo dogma che il Concilio di Efeso ha proclamato per combattere con ardore e fede cristallina chi voleva togliere alla Madre quel che è suo per privilegio divinamente concesso.

E continuiamo ininterrottamente, ogni momento libero della giornata, in ogni pausa dal lavoro, dallo studio, da ogni attività, in ogni luogo, a ripetere “Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte”.

Beato Alano della Rupe e le quindici Promesse fatte dalla Beatissima Vergine Maria


È l’anno 1475 quando il frate domenicano Alano della Rupe mette nero su bianco gli eventi miracolosi di cui è stato protagonista qualche anno prima: in particolare ciò che la Madonna aveva promesso «a tutti quelli che reciteranno devotamente il mio Rosario»

di Pina Baglioni
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«Uno che pregava il Salterio della Vergine Maria fu assalito per sette interi anni, a volte con i sensi e altre materialmente, da spaventose tentazioni dei demoni. Ed egli in quasi tutti questi anni, non ebbe nessuna consolazione, neanche una minima. Per misericordia di Dio infine gli apparve la Regina di Clemenza, la quale accompagnata da alcuni santi, visitandolo di quando in quando, essendo stata abbattuta la tentazione da lei in persona, lo liberò dal pericolo […] e affidò a lui l’incarico di predicare questo Rosario». È l’inizio dell’anno 1475 quando il frate domenicano Alano della Rupe decide di mettere nero su bianco gli eventi miracolosi di cui è stato protagonista qualche anno prima. In quel momento si trova a Lilla, dove partecipa, come maestro di teologia, al capitolo della Congregazione riformata di Olanda. 
Si mette a scrivere il suo memoriale giusto in tempo: l’8 settembre di quello stesso anno, infatti, il frate domenicano muore in odore di santità nel convento di Zwolle, in Olanda, a 47 anni, consegnando al popolo cristiano un tesoro di inestimabile valore ricevuto direttamente dalla Vergine Maria durante una delle sue apparizioni: quindici promesse «per tutti quelli che reciteranno devotamente il mio Rosario». 

Ma chi era Alano della Rupe per guadagnarsi così tanto affetto e predilezione? Un nome, il suo, conosciuto probabilmente solo dagli storici dell’Ordine domenicano. Nato in Bretagna nel 1428, era stato accolto tra i seguaci di san Domenico presso il monastero di Dinan, diocesi di Saint-Malo. Là, assai giovane, aveva emesso la professione religiosa per poi trasferirsi, dopo qualche tempo, al convento di Lilla. Dopo gli studi di filosofia e teologia al collegio San Giacomo di Parigi, aveva ottenuto, nel 1459, dal capitolo generale dell’Ordine, l’incarico di insegnare per l’anno scolastico 1460-61. Nel frattempo c’era stata anche una visita a Lilla, nel 1460, dove era stato nominato membro della Congregazione riformata di Olanda per tentare di ricondurre i conventi alla regolare osservanza. 

«Quando santa Maria lo salvò» 
In quegli anni carichi di impegni, la fama di grande teologo si era sparsa per tutto l’Ordine. Ma ancora di più quella legata alla sua straordinaria devozione alla Madonna. «Il detto padre… per lungo tempo fu solito offrire il Rosario di Maria, in un’assidua devozione quotidiana a Dio, attraverso l’avvocata Maria, Madre di Dio» scrive Alano, parlando di sé in terza persona, trascorrendo dunque «una vita sicura con Dio nell’Istituto della sua vocazione». Quello stato di grazia, purtroppo, non durò a lungo. Alano racconta che, a partire dal 1457, «dalla grandissima importuna molestia d’altre tentazioni e da lotte assai crudeli fu tanto afflitto, e dovette combattere». «Infatti, Dio così permettendo (come lui solo poteva farlo uscire dalla tentazione: cosa che la Chiesa conosce per esperienza, e anche oggi soffre), ecco che fu tentato per sette anni interi assai crudelmente dal diavolo, fu battuto dalle sferze, e ricevette duramente percosse con fruste». 
La vita del religioso si era trasformata in un vero e proprio calvario. Tanto che, in un giorno imprecisato dell’anno 1464, mentre dimorava, come lettore, nel convento della cittadella francese di Douai, decise addirittura di togliersi la vita. «Una volta stava in una lucida disperazione dell’anima, nella chiesa del suo Sacro Ordine» scrive Alano. «Già, infatti, ahimè, la mano tesa del tentato, avendo estratto il coltello, piegò il braccio e con la lama affilata, scagliò alla propria gola un colpo così deciso e certo per la morte, che di certo avrebbe causato, senza alcun indugio o dubbio, il taglio della gola». Ma nel momento in cui tutto sembrava ormai compromesso, accadde qualcosa, all’improvviso. «Si avvicinò, misericordiosissima, la salvatrice Maria, e con un colpo deciso, in soccorso a lui, afferra il suo braccio, non gli permette di farlo, dà uno schiaffo al disperato, e dice: “Che fai, o misero? Se tu avessi richiesto il mio aiuto, come hai fatto altre volte, non saresti incorso in così grande pericolo”. Detto questo svanì, e il misero rimase da solo». 

Le quindici Promesse 
Dopo quella prima apparizione le cose non cambiarono affatto. Anzi, peggiorarono: le tentazioni si erano ripresentate così assillanti da fargli maturare l’idea di abbandonare la vita religiosa. Come se non bastasse, si era anche ammalato gravemente tanto da convincere i suoi confratelli a dargli l’estrema unzione. Ma una notte, mentre «giaceva miseramente in ardentissimi gemiti» si mise a invocare la Vergine Maria. E per la seconda volta lei gli fece visita. Una luce accecante «tra la decima e l’undicesima ora» illuminò allora la sua cella e «apparve maestosa la Beatissima Vergine Maria, che lo salutò dolcissimamente». Da vera mamma, la Madonna si era chinata a curare le infermità del pover’uomo. Gli appese al collo una catena intrecciata dei suoi capelli dalla quale pendevano centocinquanta pietre preziose, inframezzate da altre quindici «secondo il numero del suo Rosario», annota il frate. Maria stabilì un legame non solo con lui, ma esteso «in modo spirituale e invisibile a coloro che recitano devotamente il suo Rosario». 
E a quel punto la Madonna gli disse: «Gioisci allora e rallegrati, o sposo, poiché mi hai fatto gioire tante volte, quante volte mi hai salutato nel mio Rosario. Eppure, mentre io ero felice, tu molto spesso eri angosciato […], ma perché? Avevo stabilito di darti cose dolci, perciò per molti anni portavo a te cose amare [...] Orsù, gioisci ora». 
E così fu: dopo sette anni d’inferno, ecco che per Alano iniziava un’altra vita: «Nel recitare il Rosario di Maria era particolarmente luminoso, di un’ammirevole letizia unita a un’inesplicabile gioia». E un giorno, proprio mentre stava pregando, ecco che la Vergine, di nuovo «si degnò di fargli molte brevissime rivelazioni», annota. «Esse sono qui di seguito, e le parole sono della Madre di Dio: 

1. A tutti quelli che reciteranno devotamente il mio Rosario, io prometto la mia protezione speciale e grandissime grazie. 
2. Colui che persevererà nella recitazione del mio Rosario riceverà qualche grazia insigne. 
3. Il Rosario sarà una difesa potentissima contro l’inferno; distruggerà i vizi, libererà dal peccato, dissiperà le eresie. 
4. Il Rosario farà fiorire le virtù e le buone opere e otterrà alle anime le più abbondanti misericordie divine; sostituirà nei cuori l’amore di Dio all’amore del mondo, elevandoli al desiderio dei beni celesti ed eterni. Quante anime si santificheranno con questo mezzo! 
5. Colui che si affida a me con il Rosario, non perirà. 
6. Colui che reciterà devotamente il mio Rosario, meditando i suoi misteri, non sarà oppresso dalla disgrazia. Peccatore, si convertirà; giusto, crescerà in grazia e diverrà degno della vita eterna. 
7. I veri devoti del mio Rosario non moriranno senza i Sacramenti della Chiesa. 
8. Coloro che recitano il mio Rosario troveranno durante la loro vita e alla loro morte la luce di Dio, la pienezza delle sue grazie e parteciperanno dei meriti dei beati. 
9. Libererò molto prontamente dal purgatorio le anime devote del mio Rosario. 
10. I veri figli del mio Rosario godranno di una grande gloria in cielo. 
11. Quello che chiederete con il mio Rosario, lo otterrete. 
12. Coloro che diffonderanno il mio Rosario saranno soccorsi da me in tutte le loro necessità. 
13. Io ho ottenuto da mio Figlio che tutti i membri della Confraternita del Rosario abbiano per fratelli durante la vita e nell’ora della morte i santi del cielo. 
14. Coloro che recitano fedelmente il mio Rosario sono tutti miei figli amatissimi, fratelli e sorelle di Gesù Cristo. 
15. La devozione al mio Rosario è un grande segno di predestinazione. 

Dopo la “consegna” delle quindici promesse, la Vergine si congedò chiedendo ad Alano un gesto di ubbidienza: «Predica le cose che hai visto e ascoltato. Non avere alcun timore: io sono con te: aiuterò te e tutti i miei salmodianti. Io castigherò coloro che si opporranno a te ». 
E Alano prontamente ubbidì: dal biennio 1464-1465, periodo delle apparizioni, fino alla sua morte, il domenicano non farà altro che diffondere, con la predicazione, l’amata devozione mariana e istituire le relative Confraternite. Tanto da convincere, nel 1474, il capitolo dei domenicani di Olanda a prescrivere, per la prima volta, la recita del Rosario come preghiera da recitarsi per i vivi e per i morti. E sempre in quell’anno, a Francoforte, nella chiesa dei Domenicani, veniva eretto il primo altare per una Confraternita del Rosario. 
Intanto, nell’ultimo anno di vita, il 1475, Alano si mise a scrivere l’Apologia del Rosario di Maria, destinata a un tal Ferrico, vescovo di Tournai, per raccontare tutto quello che gli era accaduto undici anni prima. Prima di tornare a Rostock dove avrebbe dovuto iniziare l’anno scolastico, si fermò a Zwolle. Là, il 15 di agosto, festa dell’Assunzione di Maria Santissima, si ammalò gravemente. 
Circondato dai confratelli, che già da tempo lo consideravano beato, morì alla vigilia della festa della Natività della Beata Vergine Maria che cade l’8 settembre.

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