ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 31 agosto 2017

“Ma come è possibile questo?”

La Casa di Loreto, “mistico grembo di Maria”: il Santuario più importante del mondo



Potrebbe sembrare eccessiva una tale affermazione, eppure non appare infondata se si pensa al motivo per cui questa piccola “casetta” – con annesso santuario – può a ragione avere la precedenza ed il primato su tutti gli altri luoghi di culto mariani del mondo. 
La ragione è indicata dalla incisiva frase che si trova sullo stipite della casetta, ben visibile a tutti i pellegrini che vi entrano: “HIC VERBUM CARO FACTUM EST”.
Ebbene si, tra quelle anguste e povere mura si è compiuto, oltre duemila anni fa, l’evento più importante della storia che l’ha cambiata una volta per sempre: lì il Verbo di Dio si è fatto carne, ha preso la nostra natura per salvarci.
Queste mistiche mura che giacciono nel grembo dell’amata terra marchigiana. Ma qualcuno che non conosce ciò di cui sto parando potrebbe domandarsi, riecheggiando le parole stesse dell’Ancella del Signore: “Ma come è possibile questo?”come può trovarsi in Italia quell’umile abitazione che al momento dell’evento dell’Incarnazione si trovava nella Terrasanta insieme con tutti i suoi protagonisti?
Ed è da qui che prende le mosse questa mini-serie alla scoperta di quello che potremmo definire il “mistico grembo di Maria”…

Breve storia della santa casa di Loreto
E’ di dovere cominciare con alcune note storiche che ci raccontino il miracolo straordinario che diversi secoli fa si compì, miracolo che poi cercherò di difendere a causa della numerose polemiche di pseudo-studiosi che in nome di false documentazioni e di pregiudizi “razionaleggianti” vorrebbero mutilarlo negando la modalità soprannaturale della traslazione, che in realtà fu “attraverso il ministero degli angeli”, come ci tramanda la Tradizione.
Questo, evidentemente, risulta inaccettabile e fa torto sia alla Provvidenza di Dio che alla storia vera.
Ma vediamo come andarono le cose.
Fin dai primi secoli dell’era cristiana a Nazareth si trovava la piccola dimora della Vergine, dove Ella nacque, dove ebbe luogo l’annuncio dell’Arcangelo Gabriele e dove visse con Gesù e Giuseppe nella Sacra Famiglia. Dopo la Risurrezione, gli Apostoli vi riunivano vi celebravano l’Eucaristia conformemente all’insegnamento del Signore.
Agli inizi di maggio del 1291, Nazareth e tutta la Palestina erano dominio dei Turchi selgiuchidi. Secondo la Tradizione, accreditata dai Papi, mistici e della pietà dei fedeli, torme di angeli prelevarono la Santa Casa e la portarono in volo via da quel luogo ormai infestato dagli infedeli.
Il 10 maggio 1291, gli angeli depositarono la casa a Tersatto, nei pressi della città di Fiume; furono dei boscaioli, stupiti, a trovare la piccola dimora.
In quel luogo, però, i pellegrini erano spesso preda di ladri e malfattori. Così, tre anni e sette mesi dopo, gli angeli ripresero la Santa Casa e con essa si alzarono in volo, si fermarono con la casetta nelle Marche, in Italia, e la posarono nei pressi di Ancona, nel luogo in cui oggi sorge la chiesa di Santa Maria Liberatrice di Posatora.
La Santa Casa restò in quel luogo nove mesi; poi gli angeli la sollevarono nuovamente e la trasportarono nei pressi di Porto Recanati. Questa volta furono dei pastori a vedere una luce abbagliante uscire dalle nubi e, dietro la luce, la casa. Il luogo era però troppo vicino al mare e dunque esposto ai pericoli delle incursioni turche; inoltre anche lì cominciavano ad accorrere malfattori per derubare i fedeli che giungevano in pellegrinaggio.
Così, otto mesi più tardi, la Casa fu nuovamente spostata dagli angeli, questa volta sul Monte Prodo (ove poi nacque la cittadina di Loreto), su un terreno di proprietà di due fratelli che presto iniziarono a trarre profitto dai continui pellegrinaggi di fedeli al punto da fare una petizione al Papa per diventarne proprietari.
Di nuovo, allora, gli angeli sollevarono in volo la Santa Casa e la traslocarono, alla fine del 1296, al centro della strada che da Recanati va al suo porto, e dunque in un luogo pubblico, che nessuno avrebbe potuto reclamare e sfruttare.
Il luogo scelto si trovava sulla cima di una collina coperta di lauri. Dal termine latino laurus il luogo si chiamò “Lauretum”, e quindi Loreto.
Non mancheremo, nel prossimo episodio, di tentare di dare una interpretazione del motivo delle diverse “stazioni” e delle diverse “fughe” della casetta dai vari luoghi nei quali ha sostato. E vedremo come, da una lettura attenta degli eventi, ne risulti un profondo messaggio spirituale da poter cogliere con frutto da questa strana e miracolosa traslazione della santa casa di Nazareth.

L’Isis contro la Sagrada Família    
           
(Cristina Siccardi) Gli affiliati dell’Isis sono passati, in Occidente, alla fase due della guerra di religione: oltre a colpire quelli che loro considerano gli infedeli, si pensa a distruggere le chiese. La prima ad esplodere in Europa sarebbe dovuta essere la Sagrada Família. Da anni l’Isis utilizza, attraverso le sue riviste o Internet, le immagini di luoghi sacri del Cattolicesimo, in particolare San Pietro e la chiesa barocca di Dresda, progettata dall’architetto italiano Gaetano Chiaveri e realizzata fra il 1738 e il 1751, indicata dagli jihadisti come «uno dei luoghi di ritrovo più cari ai crociati, e aspetta per questo di essere ridotta in cenere». Le chiese sono obiettivi sensibili e in Egitto gli attentati contro quelle copte ne sono prova tangibile. Il piano iniziale della cellula jihadista della strage avvenuta sulla Rambla di Barcellona prevedeva (se non fosse saltato in aria l’appartamento dell’imam che assisteva spiritualmente e politicamente i giovani criminali) anche un assalto (con tre furgoni carichi di esplosivo Tatp, noto come «la madre di Satana», e 106 bombole di gas) alla Sagrada Família, opera del celebre architetto Antoni Gaudí y Cornet (1852-1926), chiesa divenuta simbolo di Barcellona, città globale e multiculturale, in piena sintonia con il pensiero eurocentrico e anticristico.
La Sagrada Família è più meta di turisti che di pellegrini: nel 2016 sono stati oltre 4,5 milioni i visitatori. In effetti il Temple Expiatori de la Sagrada Família ha in sé un ché di inquietante: non rispettando i canoni tradizionali dell’arte sacra, esso attrae più turisti che credenti ed è considerato il monumento più visitato in Spagna. Siamo di fronte alla maggiore opera del modernismo catalano. I lavori iniziarono nel 1882 sotto il regno di Alfonso XII di Spagna. L’idea di realizzare una chiesa di espiazione dedicata alla Sacra Famiglia nell’allora zona periferica di Eixample fu del libraio Josep Maria Bocabella, ispirato dal sacerdote Josep Manyanet i Vives (canonizzato nel 2004), fondatore delle congregazioni dei Figli e delle Missionarie Figlie della Sacra Famiglia. Il progetto venne affidato all’architetto Francisco de Paula del Villar y Lozano, che iniziò l’opera in stile neogotico, ma quando Gaudí subentrò come progettista nel 1883, all’età di 31 anni, il disegno venne completamente rivoluzionato. Gaudí fu un uomo intellettualmente e spiritualmente curioso, che si avvicinò all’ortodossia cattolica dopo essersi interessato in giovinezza ad alcune delle credenze più eterodosse del suo tempo. I suoi biografi lo ricordano come uno studente dandy, un fin gourmet, un anticlericale, frequentatore assiduo dei locali di intrattenimento che Barcellona offriva a quei tempi, in particolare del teatro della Rambla e delle taverne del Raval. Affascinato dalla scienza, dalla tecnologia, dalla fotografia, inserì nella sua esistenza un intenso rapporto con lo spiritismo, del quale Barcellona divenne uno dei centri più importanti. Scienza e superstizione si mescolarono in lui, creando una deflagrante alchimia di non facile risoluzione. Altro elemento proposto da alcuni suoi biografi è che Gaudí facesse uso di sostanze allucinogene, ciò spiegherebbe le visionarie turbanti immagini che abbondano nelle sue costruzioni e gli espliciti rimandi agli allucinogeni, come la amanita muscaria, rappresentata all’entrata del Park Güell, o alle forme vegetali che decorano la Casa Batlló, la Pedrera e la stessa Sagrada Família. Si interessò di botanica occulta e si avvicinò al vegetarianesimo, pratica alquanto stravagante nella Spagna di allora. Ad un certo punto giunse la conversione, una conversione che lo condusse ad un ascetismo mistico che si espresse attraverso una dedizione per quarant’anni alla composizione della Sagrada Família, opera di grande potenza, dove l’aspetto soggettivo dell’artista tende a predominare sulla maggior gloria a Dio, dove il contorto, l’ambiguo, l’indefinibile prevalgono sulla divina semplicità della dottrina cristiana.
Pennacchi, compassi, elementi alchemici, la grande X e il serpente ascendente sono alcuni dei simboli esoterici che affiancano quelli tipici dell’iconografia cristiana e di cui sovrabbondano le opere di Gaudì, che tendono a ricreare la natura nei materiali utilizzati, deformandola però, dando così luogo ad una sorta di stravagante ed eccentrico panteismo che si dipana dalla materia da lui manipolata. Non a caso, l’architetto Le Corbusier, maestro del Movimento Moderno (insieme a Ludwig Mies van der Rohe, Walter Gropius, Frank Lloyd Wright e Alvar Aalto), lo ha definito il «plasmatore della pietra, del laterizio e del ferro». In gioventù l’architetto di Barcellona si era avvicinato alla massoneria, all’alchimia, all’ermetismo. Nella Cripta della Colonia Guell la grande X è ripetuta 13 volte, allo stesso modo nel portico della Nascita della Sagrada Família e nella croce che corona l’Albero della Vita all’interno della chiesa.
Gaudì, che mantenne rapporti con i movimenti sociali più avanzati dell’epoca, fu affascinato dalle idee proposte dal filosofo francese Fourier, e da Ruskin, sociologo, critico d’arte e idolo della gioventù progressista inglese. Lo scrittore Josep Maria Carandell analizza nel suo libro El parque Güell, utopía de Gaudí una grande quantità di dettagli di chiara radice massonica. Ma Carandell non è l’unico a dipingere l’architetto sotto una luce che collide con il cattolicesimo. E se da una parte si ha un Gaudí che frequentò società segrete ed iniziatiche (la cui compagnia non abbandonò mai completamente, come dimostra l’amicizia con il pittore uruguayano e noto frammassone neopitagorico Joaquim Torres García), dall’altra si propone un Gaudí che, anno dopo anno, incrementò la sua fede cattolica, tanto che l’Arcivescovo di Barcellona, il Cardinale Ricardo María Carles Gordó, avviò il processo di canonizzazione nel 1998, definendo Gaudí «un laico mistico» e nel 2003, conclusa la fase diocesana, la documentazione fu inviata alla Santa Sede.
La Sagrada Família avrebbe rappresentato un salto di qualità nella guerra antioccidentale: non solo colpire il maggior numero di persone possibile, ma mirare ad un edificio simbolico e religioso. Occorre comunque precisare che tale luogo risulta sacramentalmente ambiguo, perché Gaudì fu il massimo esponente del modernismo catalano, uno stile artistico che si sviluppò fra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo nella regione della Catalogna e principalmente a Barcellona. Siamo perciò di fronte alla decadenza dell’arte, quando facevano capolino le avanguardie rivoluzionarie, ovvero quando l’oggettivo scopo dell’arte – riprodurre la bellezza nelle sue molteplici forme e sfumature – veniva spostato sul soggetto operante. Il modernismo catalano fece in qualche modo parte del più vasto fenomeno europeo dell’Art Nouveau con esuberanti e sperimentali linguaggi personali, nel tentativo di recuperare motivi ed elementi della cultura tradizionale catalana all’interno di nuove forme architettoniche legate ai movimenti artistici francesi e del resto d’Europa. A Barcellona questa esigenza di modernità sorgeva dalle aspirazioni della ricca borghesia catalana, la quale aspirava ad una modernizzazione del territorio con chiari riferimenti culturali internazionali, ma allo stesso tempo rivendicava una propria autonomia dalla Spagna, auspici che sono rimasti nel tessuto politico-sociale della Catalogna contemporanea. Il movimento modernista, che ebbe un enorme successo urbanistico, culturale e sociale, creò un’architettura d’impronta squisitamente locale attraverso diversi artisti, alcuni dei quali impegnati anche nell’insegnamento, nell’attività pubblicistica e in politica. Il modernismo artistico accolse le novità tecnologiche, i nuovi materiali, le decorazioni art nouveau, proponendo il predominio delle forme curve ed asimmetriche, l’uso di motivi vegetali e zoomorfi nei dettagli della decorazione e l’integrazione nell’architettura di episodi artistici di tipo scultoreo e pittorico, come accade anche nella Sagrada Família, opera incompiuta e allo stesso tempo di non facile interpretazione per i non addetti ai lavori, caratteristica impensabile per le chiese. Nelle case di Dio è ovvio che tutti devono essere in grado di poter leggere una esplicita lingua sacrale, dettata da una cristallina teologia. Fra l’altro la complessa e cerebrale Sagrada Família non è ancora conclusa, ma è stata comunque consacrata, elevandola al rango di Basilica minore, il 7 novembre 2010 da papa Benedetto XVI, nel corso della sua visita a Santiago di Compostela, luogo di adamantina Fede, fin dagli albori. (Cristina Siccardi)

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