ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 25 luglio 2017

I «pastori poco illuminati»

Pasdaran e clero refrattario


Ogni rivoluzione che si rispetti ha i suoi pasdaran e il suo clero refrattario. La rivoluzione da qualche anno in atto nella Chiesa cattolica non poteva fare eccezione. Non meraviglia dunque che il pasdaran di turno, certo Giulio Cirignano, dalle colonne dell’Osservatore Romanose la prenda col clero refrattario che non solo non si entusiasma per lo «straordinario momento» che stiamo vivendo, ma addirittura assume un «atteggiamento, talvolta, di chiusura se non di ostilità».

Ci si potrebbe ritenere offesi al sentirsi definire «discepoli [che] dormono»; «pastori poco illuminati», che tengono i fedeli loro affidati «dentro un orizzonte vecchio, l’orizzonte delle pratiche abituali, del linguaggio fuori moda, del pensiero ripetitivo e senza vitalità»; «Sinedrio … ricco di devoto ossequio al passato … [ma] povero di profezia». Ma ormai ci siamo abituati; abbiamo le spalle grosse; svolgiamo il nostro lavoro non certo alla ricerca di lodi, ma solo per servire il Signore che ci ha scelti, con tutti i nostri limiti e imperfezioni, e ci ha inviati come pecore in mezzo ai lupi. Certo, dopo aver preso tante sberle per le strade del mondo, una volta rientrati in casa, farebbe piacere sentirsi dire una parola di incoraggiamento e di conforto. Da qualche tempo invece, anche dentro la Chiesa, lo sport preferito sembra essere diventato il tiro al piattello, dove il piattello sono i poveri preti che non ne fanno una giusta. Ma va bene cosí; un motivo in piú per non montarci la testa e prendere parte, nel nostro piccolo, alla passione del Maestro.


Certo, sentirsi dare del “Sinedrio” da chi è perfettamente integrato nell’establishment, fa un po’ sorridere. Mentre è un’accusa generica (ancorché circoscritta), gratuita e tutta da dimostrare quella secondo cui il livello culturale di parte del clero sarebbe modesto, la sua cultura teologica scarsa e ancora minore la preparazione biblica.

Ci si potrebbe chiedere se sia una mossa intelligente, ai fini del trionfo della rivoluzione, quella di attaccare il clero. Il clero dopo tutto, insieme con i fedeli, costituisce la “base” della Chiesa. Se si vuole che la rivoluzione faccia breccia tra i fedeli, occorrerebbe farselo amico; accusarlo un giorno sí e l’altro pure di tutte le peggiori nefandezze, non credo che giovi molto alla causa.

Ma quello che lascia piú basiti è la totale incapacità, da parte di certe menti votate all’ideologia, di leggere la situazione: sembrerebbe che i rivoluzionari, una volta raggiunto il potere, perdano la percezione della realtà. Ma come si fa a dire che «gran parte dei fedeli è in festa»? Diamo atto che, anche in questo caso non si assolutizza l’affermazione, ma, in ogni caso, certe asserzioni andrebbero documentate. Non basta accontentarsi di quanto dicono i grandi mezzi di informazione. Non fanno testo; sappiamo bene che buona parte di quel che scrivono o trasmettono è pura propaganda. Bisognerebbe avere dei dati per poter dichiarare che «gran parte dei fedeli è in festa». Ma purtroppo anche chi, durante il precedente pontificato, era cosí solerte a fornirci tutti i dati delle udienze, degli Angelus, ecc., sembrerebbe caduto in letargo.

Ogni tanto però qualche dato salta fuori; ma anche in questo caso se ne danno spiegazioni alquanto improbabili. Sono stati pubblicati i risultati dell’8 per mille degli ultimi anni fino al 2015. Non voglio darne interpretazioni affrettate e azzardate. Dico solo: dovrebbero far riflettere. Prima ancora che venisse pubblicata questa tabella, qualcuno aveva già messo le mani avanti: Colpa degli scandali del clero (e te pareva!). Beh, se c’è stato un annus horribilis da questo punto di vista è stato il 2010, l’Anno sacerdotale, durante il quale fu scatenata una campagna senza precedenti contro la pedofilia nella Chiesa. Ebbene, andate a vedere nella tabella i risultati dell’8 per mille in quell’anno: il risultato migliore dell’ultimo decennio. Si direbbe che il rapporto causa-effetto fra scandali del clero e 8 per mille non sia poi cosí evidente.

Ora, se il clero è refrattario alle novità, se i fedeli (almeno quelli italiani, ma sarebbe interessante conoscere anche i dati dell’Obolo di San Pietro) dimostrano disaffezione non destinando l’8 per mille alla Chiesa cattolica, direi che qualche domandina bisognerebbe pur porsela. O no?
                                                                                                                                              Q
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http://querculanus.blogspot.it/2017/07/pasdaran-e-clero-refrattario.html

Ecco come l’Osservatore Romano bacchetta Müller e i vescovi tradizionalisti


A una decina di giorni dall’articolo di Civiltà Cattolica approvato dalla segreteria di Stato sull’ecumenismo dell’odio negli Stati Uniti che contraddice la visione di Papa Francesco, il Vaticano rilancia con un nuovo, graffiante giudizio dell’Osservatore Romano contro gli oppositori alla revolución bergogliana. Per il quotidiano ufficioso della Santa Sede, l’ostacolo a una Chiesa più evangelica e gioiosa è da cercare nel clero.
PER IL VATICANO I VESCOVI DISSIDENTI SONO IN MAGGIORANZA
Vescovi e sacerdoti – che per l’Osservatore sarebbero una “buona parte” delle truppe – sono confinati in un atteggiamento “di chiusura se non di ostilità” alla conversione chiesta dal Papa. I pastori dormono come i discepoli nell’orto degli ulivi, scrive il biblista don Giulio Cirignano. Si sono trincerati “dentro un orizzonte vecchio, delle pratiche abituali, del linguaggio fuori moda, del pensiero ripetitivo e senza vitalità”.
UN SAGGIO PER “CONVERTIRE”
L’articolo dell’Osservatore Romano tecnicamente non è un articolo, ma la pubblicazione di ampi stralci del capitolo “Il clero dorme” del saggio Bellezza del gaudio evangelico. Al centro della vita cristiana (Livorno, Mauro Pagliai Editore, 2017). Posizione di don Cirignano che evidentemente il giornale diretto da Giovanni Maria Vian sottoscrive, presentandola in pagina come un contributo alla “necessità di una conversione pastorale della Chiesa, che spesso appare impreparata ad affrontare le complesse sfide del tempo presente”.
VIVA LA MODA VIVA
Non fosse un’avventurosa interpretazione, si potrebbe rischiare di scommettere come la sottolineatura sulla “moda” (che pare essere incoraggiata), si presenti quasi come l’indiretta (e non voluta dall’autore per ovvie ragioni cronologiche: il suo libro è uscito in giugno) messa in riga del Papa emerito che a metà luglio ha messo in guardia dalla cedevolezza della Chiesa allo Zeitgeist, allo spirito del tempo. E anche una correzione a qualche altro, alto prelato.
ALL’INDICE I PASTORI INCAPACI DI INTERCETTARE IL PRESENTE
“La conversione chiesta da Papa Francesco – Abitudine non è fedeltà”. Sotto questa titolazione dell’Osservatore, e non dell’autore del pezzo, non si fanno nomi. Anche se non è arduo scorgere la critica a quei cardinali che si ostinano a parlare di dottrina. Con buona pace, tra gli altri, di GerhardMüller, ormai da un mese pensionato anzitempo dalla Congregazione per la dottrina della fede. O dell’ancora in sella Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino, piuttosto indigesto ai teologi alla moda (es qui). L’argomentazione non è nuovissima: l’incapacità “di intercettare le domande che vengono dalla storia e di accogliere con gioia ed entusiasmo gli inviti al cambiamento” è da cercare in una “teologia senza le risorse della Parola, senz’anima”. È un derby che si gioca solito, tra una Chiesa fondata sul Vangelo, che si fa portare dal soffio dello Spirito e per questo è “capita” dalla gente, e il presunto ostruzionismo delle gerarchie: “Il Sinedrio – tuona Cirignano – è sempre fedele a se stesso, ricco di devoto ossequio al passato scambiato per fedeltà alla tradizione, povero di profezia”.
UNA SUMMA CONTRA. E PRECEDENTI
Chi siano i “fedeli alla tradizione” del presente regno non serve che l’Osservatore Romano li indichi puntuali. Il messaggio è arrivato. Ci sono i cardinali dei dubia e via discorrendo. C’è chi, come Müller, pretendeva il servizio dell’ex Sant’Uffizio anche come missione a “strutturare teologicamente” il papato, e in particolare quello spiccatamente pastorale di Jorge Mario Bergoglio. Le sue parole in una intervista a La Croix del 2015 avevano scatenato reazioni tra chi le ha lette come indebita resistenza al Papa. Lo storico Alberto Melloni parlò di “paternalismo eversivo”. Víctor Manuel Fernández, rettore dell’Universidad Católica di Buenos Aires, fedelissimo di Francesco, pochi giorni dopo al Corriere della Sera dettò quello che oggi suona come profetico epitaffio del teologo tedesco: “Ho letto che alcuni dicono che la curia romana fa parte essenziale della missione della Chiesa, o che un prefetto del Vaticano è la bussola sicura che impedisce alla Chiesa di cadere nel pensiero light; oppure che quel prefetto assicura l’unità della fede e garantisce al pontefice una teologia seria. Ma i cattolici, leggendo il Vangelo, sanno che Cristo ha assicurato una guida ed una illuminazione speciale al Papa e all’insieme dei vescovi ma non a un prefetto o ad un altra struttura”Müller era già stato servito.
L’EX PREFETTO NEL MIRINO?
Eppure Müller non molla. Intervistato da Matteo Matzuzzi per Il Foglio ha ricordato tra l’altro che “il magistero ha bisogno di competenti consigli teologici”, perché “tutti noi siamo uomini e abbiamo bisogno di consigli e il contenuto della fede non si può spiegare senza un chiaro fondamento di studi biblici”. Ha ribadito che la Congregazione per la dottrina della fede esiste con un “compito chiaro e una grande responsabilità riguardo all’ortodossia della Chiesa”, e che “nessuno può elaborare un documento magisteriale senza conoscere i Padri della Chiesa, le grandi decisioni dogmatiche sulla teologia morale dei vari concili”. L’intervista al Foglio è uscita il 21, l’intervento dell’Osservatore Romano nel tardo pomeriggio del 22. Sarà sicuramente una coincidenza.
IL NESSO COI FONDAMENTALISTI USA
L’articolo dell’Osservatore Romano arriva soprattutto dopo la pubblicazione del saggio di padre Antonio Spadaro e del biblista protestante argentino Marcelo Figueroa, entrambi vicinissimi a Papa Francesco. Se tra i loro bersagli c’è il manicheismo politico “che suddivide la realtà tra Bene assoluto e Male assoluto”, il pezzo di Cirignano non prende in esame un solo paese, gli Stati Uniti, e va alla radice di quelli che si ritengono ostacoli intraecclesiali in senso più stretto.
“UN CLERO POCO EDUCATO”
Per don Cirignano “chiusura” e “ostilità” nei confronti di Francesco vanno ricercate in un “livello culturale modesto di parte del clero, sia in alto che in basso”; dotato di “scarsa” preparazione teologica e biblica. Non è che una eco di una delle cinque piaghe della Chiesa secondo il beato Antonio Rosmini che indicava un male proprio nell’insufficiente educazione degli ecclesiastici. La ricetta indicata qui pare differente, suggerendo la necessità di una “maggiore sinodalità” e la creazione di una mentalità già in seminario che concepisca il ministero sacerdotale “come un vero e proprio lavoro”.
SACERDOTI CHE NON SEGUONO IL GREGGE
Collegata e non meno grave, viene indicata una concezione del prete che si percepisce “capo e padrone della comunità”. Così che se “gran parte dei fedeli hanno compreso, nonostante tutto, il momento favorevole, il kairόs che il Signore sta donando alla sua comunità” e per questo “è in festa”, le gerarchie frenano.
SACERDOTI ANTIQUATI
Il problema, argomenta il biblista sulle pagine del giornale del Papa, è il concepire “l’esperienza religiosa in termini vecchi, maturati e consolidati nel lungo periodo della controriforma”. Come non leggere un riferimento al dibattito scatenato dall’interpretazione di Amoris Laetitia e la comunione ai divorziati risposati, quando si parla di un Dio che “corregge in maniera plateale le mille involuzioni che siamo soliti far compiere all’amore”, di Colui che è totalmente altro, e “non sopporta di essere rinchiuso in schemi angusti, tipici della mente umana”?
2+2 = 5
Del resto, in teologia, twittava mesi fa padre Spadaro, 2+2 può fare cinque. Che non è solo una citazione di George Orwell o il titolo di una canzone dei britannici Radiohead, in quanto – precisava il padre – 2+2 può fare cinque perché “ha a che fare con Dio e la vita reale delle persone”. L’Osservatorecondivide. Müller e dintorni, probabilmente, avrebbero di che precisare.


http://formiche.net/blog/2017/07/25/losservatore-romano-bacchetta-muller-vescovi-tradizionalisti/


Prediche in chiesa, quanti bla bla… – di Giovanni Lugaresi

Redazione25/7/2017
… basta prediche, lasciatele perdere, cari preti e frati, ma dateci una celebrazione che ci coinvolga, che ci prenda, che ci faccia… non capire (un mistero mai lo si potrà comprendere, altrimenti non sarebbe un mistero), ma adorare Nostro Signore.
di Giovanni Lugaresi
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C’è stato un tempo in cui il Vangelo lo si spiegava (questa la formula in uso) soltanto nelle messe solenni, o parrocchiali della domenica. Nelle celebrazioni infrasettimanali della “messa bassa”, non c’era predica.
Ora, non c’è messa domenicale e/o festiva, a qualsiasi ora, in qualsiasi chiesa, ma anche messe infrasettimanali, nelle chiese (in cui si celebrano, quotidianamente, quando si celebrano) in cui non ci sia la predica… Così che dai 7-8 minuti minimo, ai 15-20 minuti massimo (esperienze personali di chi scrive), ecco le prediche, od omelie come ormai dovunque (o quasi) vengono chiamate.
Preti di tutte le età si sentono in dovere di… predicare (è un obbligo?). Quasi sempre leggendo, altre volte parlando a braccio, spesso annoiando i fedeli con un bla-bla ripetitivo di concetti che non inducono certo alla riflessione, a guardare dentro se stessi, men che meno ad elevare la propria anima. Il paragone coi politici non è a caso; infatti, sembra debbano sempre, comunque, esternare, quasi dovessero andare in cerca di voti…
Ma la Chiesa – osservava Prezzolini – non è un partito politico!
Che tristezza! Accresciuta poi: quando ci sono i canti, banali sovente, eseguiti da pochi, e quando il celebrante fa tutto di corsa, quasi debba scappare per altri importanti, inderogabili appuntamenti… quasi che quello della celebrazione del “divin sacrificio”, come un tempo veniva chiamato, non dovesse essere, per un sacerdote, l’appuntamento più importante della sua giornata: l’appuntamento con Dio per eccellenza, perché è a Dio che occorre innanzitutto guardare
Ora, non v’ha dubbio, checché ne dicano i sostenitori del novus ordo, che proprio con questo “nuovo rito”, la messa sia scaduta, e ciascuno proceda ad libitum, guardando ai protestanti e a certe loro “stravaganze” ormai entrate nelle nostre chiese, e ignorando la sacralità delle liturgie degli Ortodossi.
Raccoglimento nel silenzio? Per carità: è un parlare, parlare, parlare, o cantare, ecco! I fedeli ascoltano poi tutto in italiano, ma che cosa capiscono? Ecco un punto. Hanno la percezione, la consapevolezza, che quel che avviene sull’altare, non è “la cena del Signore”, alla quale ancorché “beati” sono “invitati”; ma si tratta del “rinnovamento del sacrificio della Croce”… in maniera incruenta, certo, con il sacerdote in persona Christi?
Se questo è vero, è ancora valido, allora, ecco una richiesta: basta prediche, lasciatele perdere, cari preti e frati, ma dateci una celebrazione che ci coinvolga, che ci prenda, che ci faccia… non capire (un mistero mai lo si potrà comprendere, altrimenti non sarebbe un mistero), ma adorare Nostro Signore.
Cari preti e frati, dovete celebrare la messa in maniera edificante, per edificare noi fedeli che crediamo nel mistero della Transustanziazione, e non in una qualsiasi (seppur “del Signore”) cena, che sa tanto di protestantesimo, appunto.
Noi siamo, e vogliamo restare cattolici, con tutto il rispetto degli altri, ma saldi nella nostra fede. E per gli incontri conviviali, socializzanti, ci saranno ben altre occasioni, altri luoghi, che non le messe e le chiese!
E’ chiedere troppo? Una predica in meno, e una concentrazione particolare nel celebrare la messa, nel rinnovare il sacrificio della Croce, rendendone partecipi noi fedeli, noi che cerchiamo, chiediamo, parole di Vita Eterna, non tanti inutili bla-bla ripetuti per 15-20 minuti…
Silenzio e raccoglimento sono stati banditi dalla liturgia postconciliare, o ancora hanno diritto di cittadinanza nella Chiesa cattolica? Per il cardinal Sarah, sì, ma per tanti altri, “troppi altri” ministri di Dio?
La tentazione, a volte, sarebbe di uscire dal tempio, profanato, vergognosamente profanato, e di andare a cercare altrove il senso del sacro, l’adorazione di Nostro Signore, l’immersione delle nostre anime nel mistero… Ma per chi scrive esiste anche il senso della penitenza, e allora, ecco, restare in segno (accettazione) di una penitenza di cui poco o punto oggi si parla, ma che non ha mai fatto male ad alcuno, anzi!
E’ sbagliato? Il Signore giudicherà. Perché ormai sulla scia di chi quel… copyright inventò, è raro trovare un prete che giudichi a norma di Decalogo, di Precetti della Chiesa, di Opere di misericordia non soltanto corporali. Del resto, troppi vescovi e preti sono impegnatissimi a discettare di su ecologia, mutamenti climatici, migranti, scioperi all’Alitalia, per dare ascolto a poveri vecchi cattolici che vorrebbero sentir parlare più spesso, e soprattutto, di anima e di grazia, di peccato e di perdono, certo, perdono, ma con il proponimento peraltro di “non peccare più”, dato che fu detto: “… neanche io ti condanno. Va’ e non peccare più”, anche se chi lo riferiva (San Giovanni evangelista) non aveva il registratore!

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