ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 15 giugno 2017

Gesù Cristo presente in mezzo a noi


Solennità del Corpus Domini 15 Giugno 2017"Non è un fantasma il Dio del tabernacolo"!


Risultati immagini per solennità del corpo e sangue del signore pio xii

“Quando siamo davanti al SS. mo Sacramento, invece di guardarci attorno, chiudiamo gli occhi e la bocca; apriamo il cuore; il nostro buon Dio aprirà il suo; noi andremo a Lui. Egli verrà a noi, l’uno chiede, l’altro riceve; sarà come un respiro che passa dall’uno all’altro”, queste erano le parole con le quali il curato d’Ars, San Giovanni Maria Vianney, cercava di spiegare l’adorazione (Il piccolo Catechismo del Curato d’Ars, Tan Books & Publishers, Inc. Rockford, Illinois, 1951, p.42).


Adorazione è stare dinanzi a Dio onnipotente in un atteggiamento di silenzio, potente espressione di fede: “Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta” (1 Sam.3,10). E’ davvero inspiegabile in termini umani. Papa Benedetto XVI ha spiegato il significato di adorazione come una proskynesis, “il gesto della sottomissione, il riconoscimento di Dio come nostra vera misura, la cui norma accettiamo di seguire”, e come ad – oratio “contatto bocca a bocca, bacio, abbraccio e quindi in fondo amore” (Omelia del 21 agosto 2005 a Marienfeld, Colonia). E’ tale processo di presenza davanti a Dio che ci trasforma. San Paolo, parlando di coloro che si volgono verso il Signore come fece Mosè, dichiara: “quando ci volgeremo verso il Signore, il velo sarà tolto…e noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati (meta morfoumetha) in quella medesima immagine, di gloria in gloria” (2 Cor. 3,16.18). E’ interessante notare che il verbo usato qui è lo stesso usato per spiegare la trasfigurazione di Cristo sul monte Tabor (metemorfothè).
La presenza dell’adorante dinanzi a Dio lo trasforma. Ciò è mirabilmente espresso in quelle parole del libro dell’Esodo: “quando Mosè scese dal monte Sinai con le due tavole della Testimonianza nelle mani, non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con Yahweh. Ma Aronne e tutti gli israeliti, vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui” (Es. 34, 29-30). E’ come quando qualcuno si mette a fissare intensamente un tramonto; dopo un po’ di tempo, anche il suo volto assume un colorito dorato.
Il vescovo Fulton J. Sheen nota, nello spiegare tale esperienza, che quando guardiamo all’Eucaristia in un atteggiamento di adorazione, di profonda riverenza e amore “accade qualcosa in noi di molto simile a quanto accadde ai discepoli di Emmaus. Il pomeriggio della domenica di Pasqua, quando il Signore si fece loro incontro, domandò perché fossero così tristi. Trascorse alcune ore alla Sua presenza e ascoltando di nuovo il segreto della spiritualità – “il Figlio dell’Uomo deve soffrire per entrare nella Sua gloria” – finito il tempo di stare con Lui, i loro “cuori ardevano” (Un tesoro nell’argilla, Autobiografia). L’adorazione eucaristica è quindi un incontro profondamente personale e, in qualche misura, comunitario con il Signore. L’atteggiamento innato di riverenza non è dato da alcun senso di remissività, ma da un atteggiamento di fede profonda e dal grande desiderio di dialogo, o meglio, un atteggiamento di presenza e ascolto tra l’”Io” e il grande “Tu” – la ricerca della comunione.
E’ come quando Mosè guardava il roveto ardente. Il roveto continuava a bruciare, ma non si distruggeva. La nostra presenza davanti al Signore eucaristico non diminuisce la Sua gloria, ma parla a noi e noi dialoghiamo con Lui. E in tutto questo, veniamo trasformati. Non è Lui che cambia, ma noi. Eppure, lungo la storia della Chiesa, questa grande fede nella Presenza di Gesù in persona nella Santissima Eucaristia, ha avuto anche dei detrattori, soprattutto quelli che criticavano la pratica ecclesiale dell’adorazione eucaristica.


Non è un fantasma il Dio del tabernacolo!


In occasione della Solennità del Corpo e Sangue del Signore, pubblichiamo ampi stralci del bellissimo discorso pronunciato da Papa Pio XII, il 28 aprile 1939, ricevendo i partecipanti al Congresso Nazionale Italiano dei Sacerdoti Adoratori del Santissimo Sacramento.

Il Salvatore divino è con noi, non già come ombra fugace della fama e del nome che resta sulle tombe e sui monumenti dei grandi uomini che passano, ma quale Dio presente nella sua divinità e umanità, Dio nascosto nell’ombra dei pani mutati: ombra che Ci par di ravvisare in quelle tenebre del lago di Tiberiade, in quella notte che Cristo camminava sopra i marosi, e ai discepoli a fatica remiganti parve fantasma. No, non è un fantasma il Dio dei tabernacoli che adoriamo. É quel medesimo che allora disse ai pavidi discepoli: Abbiate fiducia; sono io, non temete. É quel medesimo che dice: Eccomi con voi tutti i giorni fino alla consumazione dei tempi.É quel medesimo che cammina sulle onde dei secoli, signore dei venti e delle procelle umane. Egli cammina sull’onde tempestose al fianco e innanzi alla sua Chiesa; risponde ai suoi ministri che lo chiamano con la voce sacra, a loro da lui largita; e ai suoi altari invita e aduna da venti secoli le nazioni e le genti, il popolo e i regnanti, i martiri e le vergini, i pontefici e i sacerdoti, prostrati nell’adorarlo presente, nell’amarlo nascosto, nell’invocarlo compagno nella gioia e nel dolore, nella vita e nella morte.

Il Dio dell’altare sta in mezzo a noi, invisibile, ma testimone fedele, primogenito tra i morti, principe dei re della terra, il quale ci ha amati e ci ha lavati dei nostri peccati col proprio sangue e ci ha fatti regno e sacerdoti a Dio suo Padre; il primo e l’ultimo, il vivente che fu morto ed è vivente pei secoli dei secoli. Ma è insieme in mezzo a noi, il Dio dell’arcano. Cadiamo ai suoi piedi, adoriamolo nel roveto ardente del suo amore per noi, se non ci è dato contemplarlo, come lo vide il rapito Evangelista. È il mistero della fede, centro dell’incruento divino sacrificio, geloso segreto della Sposa di Cristo, cui nei primi secoli della sua immutabile giovinezza amò celare sotto il velo dell’arcano anche i teneri suoi figli: arcano fatto mistero di un mistero, nascosto da secoli eterni in Dio e che nasconde un Dio. Davanti a questo mistero si chinarono nella polvere gli Apostoli e i martiri; nelle basiliche i pontefici; nei deserti e nei cenobi i monaci e gli anacoreti; nei chiostri le vergini; nei campi della lotta le schiere; nelle cattedre i dottori; nelle vie i popoli. Cristo era in mezzo a loro; ma chi lo vide? chi lo ravvisò? Beati quelli che non lo videro e credettero: «Beati qui non viderunt et crediderunt».

Ma Cristo non solo è presente in mezzo al mondo, bensì anche si accosta all’uomo e sta con lui, coi suoi apostoli, coi suoi fedeli, con tutte le genti, conquista del suo sangue. Duplice è la sua presenza. Ha una presenza divina, con la quale sostiene l’universo da lui creato, segue i passi degli uomini per le vie del bene e del male ed è loro testimone e giudice inclinatore al bene e punitore del male. Ha un’altra presenza umana e insieme divina, per la quale innalza i suoi padiglioni nelle catacombe, fra le dense case dei popoli, per le campagne, per le selve, nelle valli, sui monti, per i deserti, per le nevi, in mezzo ai ghiacci perpetui, dovunque un sacerdote con la onnipotente parola di Lui levi in alto un pane e un calice, adorando ciò che ha fatto in memoria di Lui. Là Egli sta col suo ministro, con lui cammina, si fa nostro cibo, viatico dei moribondi e degli infelici, fratello, sposo, padre, medico, conforto e vita delle anime, pane degli angeli, arra di gaudio immortale. Ecce ego vobiscum sum; Ecco, io sono con voi.

Finché sui campi del nostro globo spunterà una spiga di grano e penderà un grappolo d’uva, e un sacerdote salirà pensoso del sacrificio l’altare, l’Ospite divino sarà con noi; e il credente curverà nella fede la mente e il ginocchio innanzi a un’Ostia consacrata, come all’ultima cena gli apostoli nel pane e nel vino consacrato che il Salvatore dava loro dicendo: «Questo è il mio corpo; Questo è il mio sangue»; adorarono Cristo, il Maestro divino con quella pura e alta fede che crede ai portenti della sua parola, e di cui si sostanzia l’interna adorazione, fede senza la quale è vano segno il piegare di un ginocchio. Da quell’ora del Cenacolo cominciarono i secoli del Dio dell’Eucaristia; il giro del sole ne illuminò i passi con le sue aurore e i suoi tramonti; le scavate viscere della terra lo accolsero salmodiando; negli eremi, nei cenobii, nelle basiliche, sotto gli aerei pinnacoli s’inchinarono a lui pastori e popoli, principi ed eserciti. Nelle sue conquiste si avanzava coi suoi araldi e sacerdoti oltre í mari e gli oceani, e dall’Oriente all’Occidente, da un polo all’altro il Redentore ormai pianta ogni dì i suoi tabernacoli, perseverando contro l’ingratitudine degli uomini in trovare le sue delizie a stare con essi, solo bramoso di effondere a loro salvezza i tesori delle sue grazie e della sua magnificenza

Qui il testo integrale del discorso.
https://intuajustitia.blogspot.it/2017/06/solennita-del-corpus-domini-15-giugno.html#more

Corpus Domini


La festa di oggi, che all'inizio dell'estate pare esplodere di tutta la vitalità e la gioia di cui è capace la Chiesa, ci mette davanti a Gesù Cristo presente in mezzo a noi... Invoco la legge della coerenza. Se ci crediamo alla presenza di Gesù Cristo nell'Eucaristia, dobbiamo saper trarre delle conseguenze, tutti.

Colui che è risorto, Colui che ha creato, Colui che ha dominato le cose animate e inanimate, che ha creato la quantità dimensiva liberamente - quella che parrebbe fare difficoltà -, è presente fra noi. Dove? Nei tabernacoli. In quel modo - cioè Cristo in Corpo, Sangue, Anima e Divinità - è presente soltanto dove c'è la Santissima Eucaristia. E quel modo è lo stesso col quale era presente nel pellegrinaggio terreno; il Corpo è lo stesso, allora paziente, ora è glorioso, lo stesso.

Cari fedeli, forse a proposito di questo noi abbiamo la più grave distrazione, di cui può essere capace la nostra vita, perché, se pensiamo che è Lui presente, non potremmo aver più posto per altro nella nostra mente... Se pensiamo che in una chiesa c'è Lui nel tabernacolo (noi sappiamo che il tabernacolo con l'altare del sacrificio è il luogo più venerando, più rispettabile, degno di tutto la considerazione, l'amore, l'affetto e la tenera cura), se noi ci ricordiamo che c'è Lui, qui dentro non c'è posto per altri pensieri. Se ci ricordiamo che c'è Lui, qui dentro non c'è posto per chiacchiere, per maleducazioni, per vampate d'altri desideri o d'altre esibizioni. Se crediamo che c'è Lui, non faremo mai abbastanza né con lo splendore né con gli ornati né con la sacra coreografia né con le esplosioni del canto, non faremo mai abbastanza di quello che dovremmo fare per la presenza di Cristo.

La coerenza ci porta a una conclusione: se le chiese sono dappertutto, se dappertutto c'è un tabernacolo e c'è presente Lui, la cosa che dovrebbe essere sentita di più nella vita pubblica e civile è Lui. Se questo non accade, battiamoci il petto per noi e per gli altri, perché dobbiamo accusarci della più grave e indegna delle incoerenze, con tutto ciò che l'incoerenza di slegato, di illogico, di irragionevole, di indegno porta con sé.

(Card. G. Siri, omelia per il Corpus Domini 1973) 
http://www.campariedemaistre.com/2017/06/corpus-domini.html

Corpus domini. Una storia


di Alfredo Incollingo

Quando il Belgio era ancora una terra cattolica, nella diocesi di Liegi, venne istituita nel 1247 la solennità del “Corpus Domini”. Si voleva celebrare con questa festività la reale presenza di Cristo nell'Eurcarestia.

Questa che per noi è una verità di fede, all'epoca era oggetto di un'aspra contesa. Le tesi (eretiche) del filosofo francese Berengario di Tours infatti sostenevano che l'ostia avesse una funzione prettamente simbolica. Queste idee furono aspramente combattute in terra fiamminga, ma oggi paradossalmente sono molto apprezzate dalla chiesa (a)cattolica belga!

 Questa ricorrenza, la cui data è mobile, venne estesa a tutte le chiese l'11 agosto 1264 con la bolla “Transiturus de hoc mundo” di papa Urbano IV. L'anno prima a Bolsena, nel Lazio, era avvenuto un celebre miracolo eucaristico: un sacerdote, durante la consacrazione eucaristica, dubitò della reale presenza di Cristo e proprio in quel momento una goccia di sangue uscì dall'ostia.

Questo evento miracoloso fugava qualsiasi dubbio sulla natura dell'Eucarestia e sconfessava quanti parlavano di simbolo e di simbolismo. Papa Urbano IV volle sancire con un documento ufficiale questa verità di fede e porre fine alle contese. Il “Corpus Domini” divenne una festa di precetto e venne fissata la ricorrenza il giovedì dopo l'ottava di Pentecoste.

Ha un ruolo fondamentale in questa storia una suora agostiniana, Giuliana di Cornillon. E' lei che scrisse missive a vescovi, a cardinali e a papi per rivelare le sue visioni e per raccomandare la celebrazione del Santissimo Sacramento. Le sue visioni infatti erano tanti moniti che il Signore indirizzava alla Sua Chiesa: fin da giovane alla monaca fiamminga Cristo apparve continuamente invitandola a adoperarsi per istituire una festività in onore del Santissimo Sacramento. I fedeli dovevano così ritrovare la fede ed era necessario espiare i propri peccati. La suora si impegnò per tutta la sua vita per convincere i prelati e i teologi della fondatezza delle proprie certezze. Solo nel 1264 le sue richieste furono esaudite, ma avvenne molti anni dopo la sua morte, avvenuta nel 1258.
http://www.campariedemaistre.com/2017/06/corpus-domini-una-storia.html

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