ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 25 giugno 2017

Dietro la maschera della fede

 «Costoro sono del mondo, perciò insegnano cose del mondo e il mondo li ascolta; noi siamo da Dio»


Chi è del mondo, parla come piace al mondo; chi è da Dio, parla come piace a Dio. Non si può piacere sia al mondo che a Dio; non si possono servire due padroni. Se si viene applauditi dal mondo, ciò accade perché il mondo riconosce in quella voce, la propria voce; ma se si parla secondo la Parola di Dio, non si ricevono applausi, bensì diffidenza, incomprensioni, ostilità e, alla fine, aperte persecuzioni. Il mondo non vuole ascoltare la Parola di Dio, la odia e vorrebbe farla tacere, per poter seguire liberamente i suoi istinti e le sue brame.
Sembrerebbero delle verità banali, addirittura lapalissiane: e un tempo non lontano, infatti, lo erano. Chiunque abbia letto i Vangeli, e specialmente quello teologicamente più sublime, il Vangelo secondo Giovanni, lo sa, lo capisce, se ne rende conto fin dalle primissime righe, anzi, fin dalle prime parole: In principio era il Verbo, / e il Verbo era presso Dio / e il Verbo era Dio. / Egli era in principio presso Dio: / tutto è stato fatto per mezzo di Lui, / e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. / In Lui era la vita / e la vita era la luce degli uomini; / ma le tenebre non l’hanno accolta… Erano concetti che apparivano chiari anche a un bambino, quando a insegnare il catechismo erano dei veri sacerdoti, che non seguivano le orme dei teologi della nuova scuola, la cosiddetta svolta antropologica, ma seguivano, puramente e semplicemente, le Scritture e la Tradizione. O col mondo, o con Dio; tertium non datur.
È strano, molto strano, constatare con quanta facilità, e con quanta rapidità, tali verità evidenti del cattolicesimo, dell’essere cattolici e membri della Chiesa di Cristo, sono state intorbidate, confuse, manipolate, stravolte e infine dimenticate, relegate fra i pezzi da museo. 


È davvero sconcertante vedere quanti cattolici, oggi, non rilevino alcuna stranezza, alcuna contraddizione, nel fatto di pensare e parlare come pensa e come parla il mondo, nel fatto di ricevere il consenso ed il plauso del mondo, senza che nella loro mente e nel loro cuore si formino alcuna perplessità, alcun dubbio, alcuna domanda; senza che si sognino minimamente di domandarsi: Mio Dio, dov’è che sto sbagliando, se il mondo mi elogia, mi sorride, mi applaude? In che cosa sono stato tiepido, o ambiguo, o infedele al Vangelo? In che cosa ho tradito Gesù, in che cosa l’ho rinnegato, in che cosa ho fatto finta di non conoscerlo, di non essere dei suoi, come fece san Pietro in quella terribile notte, nel cortile del sommo sacerdote, proprio come il divino Maestro gli aveva predetto che sarebbe accaduto? Gesù Cristo non ricevette l’elogio del mondo, né l’applauso del mondo; sì, in certi momenti le folle parevano realmente entusiaste di Lui e delle sue Parole, tanto che non volevano separarsi dalla sua presenza: ma ciò accadeva soprattutto per i prodigi che avevano visto, per i miracoli ai quali avevano assistito. Quando venne il momento della prova, lo lasciarono solo; e furono proprio le folle a gridare a Ponzio Pilato, che avrebbe voluto rimandarlo libero, perché in lui non trovava alcuna colpa (frase che spiace moltissimo ai cattolici progressisti e fautori del dialogo interreligioso, perché ricorda fastidiosamente che a volere la morte di Gesù, e a volerla con tutte le loro forze, non furono i romani, ma i giudei): Mettilo a morte! Crocifiggilo! Eppure, questa strana idea, che si possa essere cristiani e, nello stesso tempo, si possa andare d’amore e d’accordo con il mondo, ha ormai preso così largamente piede, che è divenuta un’idea quasi “naturale”, quanto lo era la precedente, che vi sia un dissidio insanabile fra le due cose. Come? Semplice: non parlando mai di aborto, eutanasia, divorzio, unioni civili, matrimoni omosessuali; non parlando mai di peccato, giudizio, inferno e paradiso; insomma, rinunciando a testimoniare il Vangelo.
E allora rileggiamoci un’altra pagina di san Giovanni, altrettanto significativa, tratta dalla prima lettera che porta il suo nome (3, 18-24; 4, 1-16; traduzione della Bibbia di Gerusalemme):
Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità. Da questo conosceremo che siamo nati dalla verità e davanti a Lui rassicureremo il nostro cuore qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa. Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio; e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da Lui perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quel che è gradito a Lui.
Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in Lui. E da questo conosciamo  che dimora in noi: dallo Spirito che ci ha dato.
Carissimi, non prestate fede a ogni ispirazione, ma mettete alla prova le ispirazioni, per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono comparsi nel mondo. Da questo potete riconoscere lo Spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio; ogni spirito che non riconosce Gesù non è da Dio. Questo è lo spirito dell’anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo. Voi siete da Dio, figlioli, e avete vinto questi falsi profeti, perché Colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo. Costoro sono del mondo, perciò insegnano cose del mondo e il mondo li ascolta. Noi siamo da Dio. Chi conosce Dio ascolta noi; chi non  da Dio non ci ascolta. Da ciò noi distinguiamo lo Spirito della verità e lo spirito dell’errore.
Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio. Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore. In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per Lui. In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri. Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altro, Dio rimane in noi e l’amore di Lui è perfetto in noi. Da questo si conosce che noi rimaniamo in Lui ed Egli in noi: Egli ci ha fatto dono del suo Spirito. E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo. Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio. Noi abbiamo riconosciuto e creduto all’amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui.
Certi cattolici progressisti e certi modernisti (non li si può chiamare “cattolici modernisti”, per la contraddizione in termini, il modernismo essendo un’eresia del cattolicesimo, formalmente condannata dalla Chiesa nel 1907) credono di poter giocare con la Parola di Dio, e ripetono a macchinetta metà della formula di san Giovanni: Dio è amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui; ma si guardano bene dal riportare e dal riflettere anche sulla seconda parte del concetto: Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità. Essi dicono, compiaciuti di sé: non vedete che noi amiamo con i fatti? Sì, ma san Giovanni dice che il cristiano si riconosce perché sa amare con i fatti E NELLA VERITÀ. Non qualsiasi amore è buono, non qualsiasi amore è cristiano, e indizio della presenza di Dio, ma solo l’amore che si esplica NELLA VERITÀ. E la verità, il cristiano sa molto bene che cosa sia: non è un concetto astratto, è una cosa estremamente concreta, anzi, è una Persona: la Verità è Cristo. Se si toglie questo concetto, si toglie il cristianesimo; o meglio, lo si riduce a una delle tante dottrine religiose che si sono succedute nel corso dei secoli e dei millenni, a una delle tante dottrine morali.
I cattolici progressisti e i modernisti hanno questo in comune: che, dietro la maschera della fede in Gesù, ripongono la loro fede vera nel progresso, cioè nel mondo. Ma, si dirà, il cristiano deve credere nel progresso: nel progresso che l’Incarnazione del Verbo ha introdotto nel buio della storia umana. Vero; ma non è questo il progresso in cui credono i progressisti, compresi i cosiddetti cattolici progressisti: il progresso in cui credono costoro, è il Progresso, un progresso tutto umano, fatto da loro, costruito da loro, sulle loro misure, secondo le loro ambizioni. È un progresso materiale, tecnico, scientifico, un progresso della ragione, peraltro tutto da dimostrare; oppure è un progresso di tipo politico, economico e sociale, o entrambe le cose insieme; ma non è un vero progresso spirituale, o, se lo è, lo è in un senso generico, zuccheroso, stile New Age, di una spiritualità sincretista e fai da te, mescolando i più svariati elementi, dallo Yoga al buddismo, e magari con qualche spruzzata di teosofia e di antroposofia; insieme ai cascami di ideologie fallite del XIX secolo. L’aspetto caratterizzante di tutte le versioni progressiste del cattolicesimo è il fatto di riporre la “speranza” entro un orizzonte sostanzialmente immanentistico.
Per i cattolici progressisti, nutrire la virtù della la speranza significa coltivare l’idea di raddrizzare le storture del mondo, le ingiustizie, le sperequazioni economiche, insomma di rifare la creazione, dopo averla emendata dei difetti e degl’inconvenienti tipicamente umani. In altre parole, costoro pensano di poter fare ogni cosa meglio di come l’abbia fatte Dio, e, come se non bastasse, pensano di poter fare ciò con le loro forze, con il lavoro, con l’intelligenza, con la “buona volontà”, con la giustizia, eccetera. In ultima analisi: pensano di poter rivaleggiare con Dio, di essere simili a Lui. Naturalmente, rifiuterebbero sdegnati una simile conclusione, ma solo per la loro incoerenza e pusillanimità intellettuale: non hanno il fegato di tirar da sé stessi le logiche conclusioni del proprio sentire e del proprio agire; continuano a professarsi seguaci del Vangelo, anzi, i veri e i soli seguaci del Vangelo, ad esclusione di tutti gli altri, e specialmente di quelli che chiamano, con disprezzo, i “mistici”; ma la realtà è esattamente questa: essi si credono simili a Dio, tanto è vero che sognano un mondo “nuovo” e “giusto”, fatto da loro, con le loro mani. La preghiera? Per essi, è un’attività di serie B; altro che preghiera: per cambiare il mondo, bisogna fare, occorre agire!
di Francesco Lamendola del 24-06-2017

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