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sabato 17 giugno 2017

Clandestino anche in Vaticano?


I cent'anni di Domenico Bartolucci. Come cetra in terra straniera


Il Vaticano ha emesso un francobollo e un CD, a cent'anni dalla sua nascita. Ma la sera di mercoledì 14 giugno, tra le statue grecoromane del Braccio Nuovo dei musei pontifici, durante il concerto in onore del grande musicista e uomo di Chiesa Domenico Bartolucci (1917-2013), non c'era ombra né dell'attuale coro della Cappella Sistina di cui egli fu "maestro perpetuo", né delle autorità vaticane che contano.
Era come se tutto avvenisse in terra straniera. Come in esilio era stato mandato lui stesso, Bartolucci, quando nel 1997 fu cacciato dalla direzione del coro che accompagna le liturgie papali, e con lui fu preso congedo dalla tradizione "romana" di musica liturgica che dal Gregoriano e da Palestrina arrivava al Novecento e al Concilio Vaticano II e ha avuto appunto in Bartolucci il suo ultimo geniale rappresentante.
A suonare in suo onore, nel Braccio Nuovo, c'era il grandissimo Uto Ughi, che ha magnificamente incastonato una "fantasia, intermezzo e fuga" per violino e archi di Bartolucci tra due celebri concerti, sempre per violino e archi, di Bach e Vivaldi.
Mentre ad eseguire tre suoi splendidi mottetti c'era un ensemble di suoi ex allievi e coristi, cresciuti alla sua scuola e rimasti ad essa fedeli.
E poi c'era una rappresentanza della città di Firenze. Non solo perché Bartolucci era fiorentino, ma più ancora perché al Teatro dell'Opera di Firenze, il 19 dicembre del 2018, sarà messa in scena per la prima volta l'unica opera lirica scritta e musicata da lui, il "Brunellesco", con protagonista il geniale architetto che ideò, seicento anni fa giusti, quel capolavoro unico al mondo che è la cupola della cattedrale di Firenze. Perché c'è anche quest'opera lirica nella sua ricchissima produzione di musica sacra e profana, che occupa 40 grossi volumi in corso di pubblicazione.
Nella cattedrale fiorentina intitolata a Santa Maria del Fiore, lo scorso 4 giugno, domenica di Pentecoste, l'arcivescovo della città, cardinale Giuseppe Betori, ha celebrato la messa in memoria di Bartolucci, accompagnata da musiche tutte sue, dirette da uno dei suoi più valenti discepoli, il maestro Michele Manganelli. E questo evento – non un concerto, ma musica sacra al vivo, nel cuore della liturgia – si accompagna a decine di altri momenti musicali per il centenario della nascita di Bartolucci, in calendario a Roma e in altre città dallo scorso 6 maggio fino all'11 dicembre, ad opera di cantori e musicisti di tredici paesi, promossi dalla Fondazione che porta il suo nome.
Nel 2010 Benedetto XVI, che aveva di Bartolucci altissima stima, lo fece cardinale. Ma questa porpora non fu accompagnata da alcuna rifioritura dell'impronta musicale che egli aveva dato alle liturgie papali, prima che la tempesta di una superficiale modernizzazione si abbattesse su di esse, ancor più ora, durante il pontificato di Francesco.
Ciò non toglie che l'eredità di Bartolucci resta viva, ad opera di tanti. Più in terra straniera che nel cuore della cristianità e nelle liturgie del papa. Come una "opzione Benedetto" in chiave musicale, nella fervida preparazione di una rinascita, in questi tempi di dissoluzione di una civiltà.
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POST SCRIPTUM - "L'Osservatore Romano" in data 16-17 giugno, il primo stampato dopo l'evento, non ha dedicato neppure una riga al concerto in onore di Domenico Bartolucci tenuto nel Braccio Nuovo dei Musei Vaticani.

Settimo Cielo di Sandro Magister 16 giu


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