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domenica 21 maggio 2017

Il peggio si vede..


Oliviero Toscani e don Milani: “Anch'io mi sento suo allievo”

Un libro con gli scatti del fotografo che lo immortalò a soli 21 anni


                                     Don Lorenzo Milani in uno scatto di Oliviero Toscani

«La scuola di oggi avrebbe urgente bisogno di imparare l'“I care”, il “mi sta a cuore”, di don Milani». Dovrebbe «fare sua la capacità del Priore di Barbiana di voler bene, veramente e profondamente e con tenerezza, ai bambini e ragazzi». Parola di Aldo Bozzolini, uno dei primi sei ragazzi di Barbiana. 

Oggi al Salone internazionale del Libro di Torino (alle 14.30, Spazio Autori, pad. 3) lo ribadirà all'incontro “Don Lorenzo Milani fotografato da Oliviero Toscani - il famoso fotografo racconta i suoi incontri con il priore di Barbiana nel 50° anniversario della sua morte” (promosso da Editrice missionaria italiana, moderato da Francesco Antonioli). 

Sarà l’occasione per vedere le dieci fotografie che un giovane - 21enne - Toscani (cognato di Giorgio Pecorini, giornalista, amico di don Milani) scattò a Barbiana durante alcuni suoi soggiorni. Immagini rare, alcune delle quali hanno impreziosito vari volumi Emi, come “I care ancora” (2001). Dice Toscani: «Don Milani era un uomo di grandissima intelligenza che capì subito i meccanismi della comunicazione di massa; comprese che per far passare il suo messaggio doveva implicarsi in prima persona. E così fece». Per l'artista, «non solo quelli di Barbiana, ma tutti coloro che lo hanno conosciuto, letto o studiato sono suoi allievi. Don Milani è un patrimonio degli italiani».

Bozzolini è autore di “Barbiana, o dell’inclusione. Un allievo racconta” (Emi, prefazione di Eraldo Affinati), libro nel quale viene messo in rilievo il tratto «corale» dell’esperienza di Barbiana, ovvero il fatto che proprio grazie al senso di comunità di quella popolazione di montagna don Milani trovò terreno fertile per avviare il suo progetto di scuola popolare.  

Il Priore di Barbiana (frazione di Vicchio, arcidiocesi di Firenze), nato nel 1923, con la sua scuola negli anni '50 del secolo scorso avviò un'esperienza educativa rivolta ai giovani di quella comunità, che, anche per motivi geografici oltre che economici, erano disagiati e svantaggiati rispetto ai coetanei di città. La scuola - basata appunto sul concetto di “I care” - creò discussioni pedagogiche accese, anche nella Chiesa, che in parte osteggiò duramente don Milani. Era allestita in un paio di stanze della canonica, e consisteva in un vero e proprio collettivo, in cui si lavorava tutti insieme. La regola principale era: chi sapeva di più aiutava e sosteneva chi sapeva di meno. Dice Bozzolini: «In questo modo, don Milani ha creato un sistema di istruzione ed educazione che dava innanzitutto dignità a chi non l'aveva a causa della povertà, e poi speranza e basi solide per poter essere protagonisti positivi del proprio futuro».  

Anche Papa Francesco celebra in questi mesi la ricorrenza di don Milani: martedì 20 giugno, infatti, si recherà a pregare in forma riservata sulla tomba a Barbiana. Mentre il 23 aprile scorso ha affermato: «Mi piacerebbe che lo ricordassimo soprattutto come educatore appassionato, con una visione della scuola che mi sembra risposta alla esigenza del cuore e dell’intelligenza dei ragazzi». Poi ha ricordato e parafrasato un'affermazione di don Milani: «Amo la scuola perché è sinonimo di apertura alla realtà. Almeno così dovrebbe essere! Ma non sempre riesce ad esserlo, e allora vuol dire che bisogna cambiare un po’ l’impostazione. Andare a scuola significa aprire la mente ed il cuore alla realtà. E noi non abbiamo diritto ad aver paura della realtà! La scuola ci insegna a capirla». 

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