ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 17 aprile 2017

La compagnia del non agnello

Gesù, i gesuiti e la supponenza umana
BergoglioAbascal Reese
Nel lontano 1534 lo spagnolo Ignazio da Loyola, canonizzato da Gregorio XV nel 1622, fondava una nuova congregazione denominata Societas Jesu, o Compagnia di Gesù, che venne approvata dal Papa nel 1540 ed aveva lo scopo di operare a maggior gloria di Dio e lavorare alla perfezione dell’anima, compresa quella del prossimo, attraverso l’esercizio del ministero sacerdotale, votato in modo speciale all’obbedienza al Papa.
Da allora, i Gesuiti hanno fatto molta strada, non sempre col sorriso del Papa, che una volta decise perfino di sciogliere la Compagnia.
Ultimamente, a giudicare da certi noti personaggi che hanno occupato e occupano la ribalta – fra i quali è il caso di ricordare per chiarezza: i noti Pierre Teilhard de Chardin, Henri De Lubac, Karl Rahner e Carlo Maria Martini – sembra che l’insegnamento del Fondatore abbia lasciato il posto all’insegnamento del mondo.

La cosa si verifica anche attualmente e ai massimi livelli, pensiamo a Jorge Mario Bergoglio, oggi papa cattolico, e ad Arturo Sosa Abascal, generale della Compagnia. 
Gli appunti, le riserve, le critiche su questi due personaggi sono ormai moneta corrente e gli argomenti di critica sono i più diversi, ma ultimamente è diventato oggetto di un’interminabile diatriba la questione del possibile “aggiornamento” della morale cattolica, sintetizzabile in una semplice domanda: i peccatori impenitenti possono essere perdonati comunque e trattati dalla Chiesa al pari dei cattolici virtuosi o quanto meno normali?
Il Papa dice sì. Il Generale dice che ci vuole discernimento, un terzo gesuita, del gruppo avanguardista americano, Padre Thomas Reese, è sicuro che oggi Gesù non condannerebbe quello che condannava duemila anni fa.

Per intendere il senso di queste nostre considerazioni, avanzate senza alcuna pretesa “teologica”, ricordiamo tre punti salienti relativi al caso dell’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati. Il Papa dice, nell’Amoris laetitia, che non possono esserne esclusi perché ciò che conta è la percezione che essi hanno della loro condizione di peccato (1); il Generale, in un’intervista appositamente rilasciata, dice che la dottrina bimillenaria della Chiesa non può prevalere sul discernimento dell’uomo (2); il gesuita americano, in un articolo appositamente ed attentamente confezionato (3), dice che Nostro Signore non insegnava ai suoi fedeli una volta per tutte, ma ad hoc e pro tempore.

E’ più che evidente che si pone una domanda, tanto semplice quanto devastante: possono essere cambiati due millenni di insegnamento della Chiesa sulla base degli interventi di tre gesuiti moderni che praticano un discernimento umano centrato sulle loro riflessioni personali?
Ovviamente la risposta è implicita, ed è no!, resta quindi la legittima istanza che qualcuno dovrebbe provvedere ad allontanare i tre dai posti che occupano e comunque imporre loro il silenzio.

In particolare all’americano, che crede di offrire spiegazioni intelligenti articolando pensieri come questi:
Io considero l’insegnamento di Gesù sul divorzio come la prima legislazione femminista … Gesù giustamente lo ha condannato dal momento che praticamente tutti i divorzi venivano fatti da potenti uomini contro le donne impotenti.”
A parte la palese blasfemia che il Figlio di Dio non sarebbe altro che un libertario ante litteram di stampo comunista, la semplice logica impone che non si possa giudicare il mondo di duemila anni fa, a qualsivoglia latitudine, usando i parametri intellettuali odierni circoscritti all’Occidente moderno; e pretendere perfino di trarne degli insegnamenti “cattolici” o universali.
La cosa puzza talmente di intellettualismo rivoluzionario dedito alla “rieducazione delle masse”, da far pensare che il gesuita americano scriva sotto dettatura… di quella specie di angelo custode alla rovescia che Chesterton chiamava Berlicche.

Scrive infatti lo scisso gesuita americano: “Gesù ha detto un sacco di cose che noi non osserviamo letteralmente senza eccezioni.”, volendo sostenere che, se le cose stanno così per altri precetti di Gesù, perché non dovrebbe essere lo stesso per il precetto sul divorzio?

E’ stupefacente che un supposto prete, sedicente seguace di Sant’Ignazio, invece di suggerire che bisogna seguire tutti i precetti di Nostro Signore, inviti i cattolici a trasgredirne altri ancora. Sant’Ignazio pensava al perfezionamento delle anime a maggior gloria di Dio, il tipo qui pensa chiaramente all’abbrutimento delle anime a maggior profitto di Belzebù.
Ed è questo il motivo principale per cui ce ne occupiamo: perché se li conosci, li eviti!

E ancora egli osserva:
Gesù non elenca alcuna punizione per il divorzio e il nuovo matrimonio. Non dice queste persone saranno consegnate al fuoco dell’Inferno. Non dice che dovrebbero essere escluse dalla comunità cristiana. Egli non dice nemmeno che non possono accedere alla Comunione. Non dice che non possono essere perdonate.
Con il che, egli suggerisce, diabolicamente, che Gesù non esclude che quello che Lui stesso chiama “adultero” possa essere perdonato pur continuando a praticare coscientemente l’adulterio. E si badi, il nostro americano rivoluzionario non sostiene che Gesù lo abbia già perdonato, ma che, non avendolo condannato – secondo lui – dovrebbe essere la Chiesa a perdonarlo.
Cosa che dimostra come il supposto prete non sia un vero figlio della Chiesa, ma un convinto seguace dell’anti-Chiesa di stampo luterano: più pecchi e più ti perdono!

E ancora egli osserva:
Gesù era molto più preoccupato delle persone che hanno ignorato i suoi bisogni, che delle coppie divorziate e risposate, ma la Chiesa ha fatto del divorzio una questione molto più grande della nostra cura per i poveri. Perché questo?
Già, perché? E qui la risposta paradossale ma inevitabile è che la Chiesa, in duemila anni, non ha conosciuto il pensiero di Bergoglio, né tampoco quello di Reese, ma – stoltamente!? – si sarebbe attenuta agli insegnamenti degli Apostoli e dei Padri, i quali, evidentemente, secondo il supposto prete, non sarebbero altro che personaggi che non avrebbero né capito né seguito gli insegnamenti e i precetti di Nostro Signore.

Siamo alla farsa e al grottesco, anche se strettamente e miseramente in linea con l’uomo moderno che ha fatto sua la pretesa di poter diventare come Dio facendo gioiosamente a meno di Dio.

Mala témpora cúrrunt, sed peióra parántur
, dicevano i latini;
[Brutti tempi viviamo, ma peggiori se ne preparano]

Humiliámini ígitur sub potenti manu Dei, ut vos exáltet in témpore visitatiónis … sóbrii estote, et vigilate: quia adversárius vester, diábolus, tamquam leo rúgiens círcuit, quaérens quem devóret: cui resistite fortes in fide, dice San Pietro.
[Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, perché vi esalti al tempo della venuta, … Siate temperanti, vigilate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede]

Guardatevi dai falsi cristi e dai falsi profeti – dice sempre il Signore – anche se sono assisi in Vaticano o vestiti da ignaziani – aggiungiamo oggi noi.

NOTE
1 – E’ possibile soltanto un nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari, che dovrebbe riconoscere che, poiché «il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi», le conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi (Amoris Laetitia, n. 300) - Nemmeno per quanto riguarda la disciplina sacramentale, dal momento che il discernimento può riconoscere che in una situazione particolare non c’è colpa grave. (Amoris laetitia, nota 336).
2 - Dottrina è una parola che non mi piace molto, porta con sé l’immagine della durezza della pietra. Invece la realtà umana è molto più sfumata, non è mai bianca o nera, è in uno sviluppo continuo… - Domanda: Mi par di capire che per Lei ci sia una priorità della prassi del discernimento sulla dottrina… - RispostaSì, ma la dottrina fa parte del discernimento. Un vero discernimento non può prescindere dalla dottrina… Domanda: Però può giungere a conclusioni diverse dalla dottrina… RispostaQuesto sì, perché la dottrina non sostituisce il discernimento e neanche lo Spirito Santo. (Intervista con Giuseppe Rusconi, 18 febbraio 2017) - Si veda anche l’articolo di Giovanni Servodio, Gesuiti moderni pronti a riscrivere il Vangelo.
3 - “What God joined together… - Ciò che Dio ha unito ...”, in National Catholic Reporter.

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