ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 22 novembre 2016

Nihil obstat?

Le contraddizioni di un giubileo che si chiude

Tra le chiavi di interpretazione del pontificato di papa Francesco c’è sicuramente il suo amore per la contraddizione. Questa disposizione di animo risulta evidente dalla lettera apostolica‘Misericordia et misera‘, firmata a conclusione del Giubileo straordinario della misericordia. In questa lettera papa Bergoglio, stabilisce che quanti frequentano le chiese officiate dai sacerdoti della Fraternità san Pio X possano ricevere validamente e lecitamente l’assoluzione sacramentale. Il Papa sana dunque quello che, costituiva il principale fattore di “irregolarità” della Fraternità fondata da mons. Lefebvre: la validità delle confessioni. Sarebbe contraddittorio immaginare che una volta riconosciute valide e lecite le confessioni non siano considerate altrettanto lecite le Messe celebrate dai sacerdoti della Fraternità, che sono in ogni caso certamente valide. A questo punto non si capisce che necessità c’è di un accordo tra Roma e la Fraternità fondata da mons. Lefebvre, visto che la posizione di questi sacerdoti è di fatto regolarizzata e che i problemi dottrinali ancora sul tappeto, al Papa, come è noto, interessano scarsamente.
Nella stessa lettera, affinché «nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio», papa Bergoglio concede, d’ora innanzi «a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto». In realtà, i sacerdoti avevano già la facoltà di perdonare il peccato di aborto in confessione. Però, secondo la prassi plurisecolare della Chiesa, l’aborto rientra tra i peccati gravi puniti automaticamente con la scomunica. «Chi procura l’aborto, ottenendo l’effetto incorre nella scomunica latae sententiae» recita il Codice di Diritto Canonico del 1983 al canone 1398. I sacerdoti, dunque, avevano bisogno del permesso del proprio vescovo per togliere la scomunica prima di poter assolvere dal peccato di aborto. Adesso ogni sacerdote può assolvere anche dalla scomunica, senza bisogno di ricorrere al suo vescovo o d’esserne delegato. La scomunica di fatto cade e l’aborto perde la gravità che il diritto canonico gli attribuiva.
In un’intervista rilasciata il 20 novembre a Tv2000, papa Francesco ha affermato che «l’aborto rimane un grave peccato», un «crimine orrendo»,  perché «pone fine a una vita innocente». Può il Papa ignorare che la sua decisione di sganciare dalla scomunica latae sententiae il reato di aborto relativizza questo «crimine orrendo» e permette ai mass-media di presentarlo come un peccato che la Chiesa considera meno grave del passato e che facilmente perdona?
Il Papa afferma nella sua Lettera che «non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre», ma, come è evidente dalle sue stesse parole, la misericordia è tale perché presuppone l’esistenza del peccato, e dunque della giustizia. Perché parlare sempre e solo del Dio buono e misericordioso, e mai del Dio giusto, che premia e punisce secondo i meriti e le colpe dell’uomo? I Santi, come è stato osservato, non hanno mai cessato di esaltare la misericordia di Dio, inesauribile nel dare; e, insieme, di temere la sua giustizia, rigorosa nell’esigere. Sarebbe contraddittorio un Dio capace soltanto di amare e premiare il bene e incapace di odiare e punire il male.
A meno di non ritenere che la legge divina esiste, ma è astratta e impraticabile e l’unica cosa che conta è la vita concreta dell’uomo, che non può non peccare. Ciò che importa non è l’osservanza della legge, ma la fiducia cieca nel perdono e nella misericordia divina. Pecca fortiter, crede fortius. Ma questa è la dottrina di Lutero, non della Chiesa cattolica. (di Roberto de Mattei su “Il Tempo” del 22/11/2016)

Sulla lettera apostolica «Misericordia et misera»,
di Papa Bergoglio
Cos'è la Misericordia di Dio? Di sicuro non è un diritto!
Come interpretare il nuovo documento di Bergoglio?
 di Don Floriano Pellegrini
Misericordia et misera












 Cos'è la Misericordia di Dio?                           
Roma - di Don Floriano Pellegrini - Prima di commentare il nuovo documento papale, è necessario leggerlo. A me, personalmente, nel complesso, dà l'idea di essere un buon testo e, come sacerdote, mi sento incoraggiato nel ministero; questo sentimento ha largo spazio in me, non dico di averlo "così per fare". Nello stesso tempo però temo, e non poco, che subentri nei fedeli e negli stessi sacerdoti e vescovi una
                                mentalità gravemente sbagliata:
          quella di considerare la Misericordia come una «prestazione dovuta»,
             un atteggiamento che non ammette gradualità, ma immediatezza,
     come quando si va al bar e si ordina un caffè e il barista in breve te lo serve.
                              Temo venga confusa con un diritto
         che noi avremmo nei confronti di Dio e dei sacerdoti e, per i sacerdoti,
con un dovere che deresponsabilizza da altri gravi doveri, che pur abbiamo e restano
accanto a quello di accogliere e accompagnare i fratelli e le sorelle che cercano la riconciliazione con Dio e con la Chiesa: i doveri, intendo, di parlare con chiarezza (e non balbettando e abbassando gli occhi) su ciò che è bene e ciò che è male e che il male resta male anche se è perdonato; ed essere felici di farlo, perché
          è importante nella vita sapere quel che è bene e quel che è male,
                    quello che rafforza e quello che ammala lo spirito.
E bisogna pur sempre dire che, per la validità stessa della confessione (e qui il Papa può dire quel che vuole, ma la validità della confessione non dipende dai suoi buoni sentimenti e dai suoi documenti) è e resta sino in fondo necessario avere, come dice il catechismo della Chiesa Cattolica,
                          il dolore perfetto, vero, del male fatto,
                             e fare il proposito di non farlo più.
 Confessione e Misericordia                              
Se uno si confessa e viene accolto con tutta la misericordia di questo mondo, ma dentro di sé egli non ha questi sentimenti e non fa simili impegni, la confessione, piaccia o meno allo stesso Papa e al sacerdote, buono o buonista che sarà, è nulla, invalida, scade a un rito umano di buone intenzioni, rassicurazioni e magari tenerezze vicendevoli, tra confessore e penitente (lui, lei). Non possiamo prenderci in giro, facendo il gioco delle mezze verità, del catechismo a metà, dei doveri fin là e là, cioè fin dove noi vorremmo che fossero e non più. Non possiamo dire a Dio: Verboten andare oltre, la vita è mia e me la gestisco io… e Tu, Misericordia in persona, o Dio, perdonami e accontentati! 
                           La misericordia di Dio appartiene a lui, 
        noi non possiamo farne una merce che distribuiamo a piacer nostro, 
                                 più o meno larghi di manica; 
           la Misericordia di Dio è un suo dono e non un nostro diritto. 
       Richiede sempre una conversione a lui, un lasciare che lui divenga, 
sempre più e fino in fondo, e gioiosamente, il Signore nella e della propria vita, 
e non soltanto un tranquillante spirituale e culturale che, posto nel cassetto del comodino della nostra coscienza, andiamo a prendere quando vogliamo avere una specie di buddistica pace interiore: oh, allora ci si ricorda anche di Dio, purché non disturbi, però; altrimenti, se stiamo lontani da Lui, sarebbe quasi quasi ancora colpa sua, con quel suo pretendere troppo!
 Misericordia e Sacrificio di Gesù Cristo            
           La Misericordia di Dio non è stata uno scherzo neppure per Lui.
                 Se prendiamo un po’ troppo alla lettera certi passaggi
                               della lettera del papa Francesco,
                 ci viene persino da chiedergli perché mai Gesù Cristo
                  sia morto in croce, per redimerci dai nostri peccati.
Se Dio è tanto misericordioso non bastava che dicesse: “Figlioli miei, pace e bene al mondo intero, venite qua, che vi perdono tutti, allegria!”. Poteva farlo, ma non l’ha fatto! La Misericordia è stata il momento in cui il suo amore, sempre perfetto e pieno nel suo cuore, è diventato una specie di dramma; il peccato, quest’assurdo, compiuto da creature da lui fatte “a sua immagine e somiglianza” gli ha spezzato – se è permesso dir così – il cuore ed ha mandato sul patibolo il suo unigenito Figlio incarnato. Quando parliamo di Misericordia da cristiani e da cattolici, in ultima ci riferiamo a questo dramma divino.
     Non per nulla nella S. Messa diciamo di rinnovare il sacrificio di Cristo. 
Parliamo pure, perciò, di Misericordia, ma senza fare i faciloni. Per aver accesso allaMisericordia di Dio, che Egli pur offre a tutti, questo è indubbio, è necessario prima dirgli, come il figliol prodigo: “Padre, ho sbagliato”. Altrimenti diventa tutta una commedia, anzi – trattandosi di cose sacre e non di una recita – di un sacrilegio.
           La Misericordia insomma non è un sacchetto di caramelle
        che, da ora in poi, i sacerdoti distribuirebbero tra i penitenti,
                     per far passar loro il mal della coscienza,
ma un progressivo, faticoso e pur liberante e rasserenante cammino nella Grazia di Dio, che Papa Francesco nella sua lettera nomina ben tredici volte.  
Don Floriano Pellegrini (Copyright © 2016 Qui Europa)
partecipa al dibattito – infounicz.europa@gmail.com
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Sulla lettera apostolica «Misericordia et misera», di Papa Bergoglio

Martedì, 22 Novembre/ 2016   

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